mercoledì 30 giugno 2010

Conclusi i lavori di restauro della Fontana dei Quattro Fiumi






































Uno dei monumenti simbolo della città di Roma, la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona -opera di Gian Lorenzo Bernini- è stato restituito alla pubblica fruizione dopo un restauro complessivo e organico durato due anni, che ha coinvolto gli apparati scultorei dell’opera, connotati da una straordinaria ricchezza di forme dinamiche esaltate dalle suggestioni dell’acqua, alle quali si fonde perfettamente la funzione di struttura di sostegno dell’antico obelisco egizio.

Gli interventi sono stati progettati e diretti dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (già Istituto Centrale del Restauro), all’interno del quale è stato istituito un gruppo di lavoro, coordinato dall’architetto Annamaria Pandolfi, composto da personale afferente a diversi ambiti disciplinari (restauratori, architetti, biologi, chimici, geologi, fisici) in un rapporto di effettiva interazione. Questa équipe di specialisti ha cooperato per comporre quel connettivo di conoscenze necessarie al corretto svolgimento del lavoro, che ha accompagnato tanto gli interventi quanto le numerose ricerche connesse di tipo storico-documentale e tecnico-scientifico.

Il costo complessivo dei lavori è stato di € 622.000,00 ca., interamente erogati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Le attività di restauro sono state realizzate in accordo con il Comune di Roma ( Unità Organizzativa Monumenti Medievali e Moderni), proprietario del monumento.
Un approccio integrato ai molteplici problemi di deterioramento riscontrati sulla Fontana fin dalle prime ispezioni è stato scelto per definire gli interventi conservativi da adottare, cercando così di perseguire l’obiettivo di calibrare con la maggiore esattezza possibile i trattamenti di restauro e assicurare al futuro l’opera nella sua autenticità.

L’attuazione in cantiere del progetto degli interventi per far fronte al degrado dei materiali (marmo bianco per i Quattro Fiumi e i due stemmi papali; travertino per la scogliera, gli animali e la vegetazione), che interessava, in forme più a meno gravi, tutte le componenti della Fontana ha riguardato: i trattamenti biocidi per la devitalizzazione delle piante e dei microrganismi fotosintetici; la pulitura delle superfici dai depositi inquinanti e dalle “croste nere”; il microconsolidamento localizzato delle superfici in marmo disgregate; il consolidamento localizzato delle malte; la rimozione controllata delle incrostazioni calcaree; la stuccatura dei giunti, delle rotture e delle linee di discontinuità; gli interventi sui vincoli metallici esposti; il rifacimento dei copri staffa danneggiati; il trattamento delle lacune; la protezione delle superfici; la riparazione dei getti di fuoriuscita dell’acqua danneggiati.



Le attività di cantiere si sono concluse con l’installazione sul monumento di un impianto elettrostatico per l’allontanamento dei piccioni - numerosissimi in piazza Navona - che costituiscono un rilevante agente di degrado soprattutto in relazione al guano, chimicamente aggressivo nei confronti dei materiali lapidei. Tale tipo d’impianto è già in funzione su molti importanti monumenti italiani e romani tra i quali Fontana di Trevi.

Oltre tre secoli e mezzo di storia del monumento hanno sedimentato le tante impronte del passato, lasciandone visibili gli effetti evidenti attraverso il deterioramento dei materiali, i suoi segni d’invecchiamento e le modifiche avvenute.

La scelta progettuale operata è stata quella di restituire il carattere di unitarietà dell’immagine recuperandone sia le forme scultoree nelle parti inferiori a contatto con l’acqua, che erano deformate dalle spesse incrostazioni depositatesi sul modellato originario, sia l’omogeneità del registro cromatico dai toni chiari, propri del travertino e del marmo che, tuttavia, espone armonicamente le tracce e le patine, schiette testimonianze del passaggio del tempo.

Un rigoroso programma di manutenzione dovrà costituire la strategia indispensabile per rallentare il più possibile i processi di degrado del monumento, evitando così interventi straordinari a danno avvenuto. Questa esigenza è tanto più rilevante quanto più la specificità del tipo di manufatto presenta fattori aggiuntivi di rischio, come per la conservazione delle fontane che manifestano una maggiore vulnerabilità rispetto agli altri monumenti esposti all’aperto, proprio in rapporto alla presenza dell’acqua, ineliminabile ed essenziale elemento espressivo.

Inoltre una vigilanza costante potrà evitare azioni vandaliche troppe volte compiute ai danni della Fontana, delle quali restano ancora indelebili e numerosissimi i segni.
Per informazioni:
Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro
Piazza San Francesco di Paola, 9 00184 ROMA
tel. 06-48896416/426
fax 06-4815704
website: www.icr.beniculturali.it

Abbazia di Chiaravalle, concluso il restauro



Il lungo intervento di restauro, iniziato nel 2002 con fondi ministeriali ed eseguiti sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Storico Artistici ed Etnoantropologici di Milano dal laboratorio Nicola Restauri in Aramengo, è stato portato a compimento anche grazie ad Intesa Sanpaolo che ha inserito questo intervento nell'ambito di Restituzioni, collaudato programma di restauri di opere appartenenti al patrimonio artistico del Paese.
L'abbazia cistercense, a soli 10 km dal cuore di Milano, è nota, oltre che per l'architettura superba, per il ricco ciclo di affreschi del primo '300 – tipici della grande cultura figurativa lombarda di quel periodo –, per la bella Madonna con Bambino a fresco del Luini, per il grandioso coro ligneo. Ma il gruppo di artisti chiamati ad affrescare l'abbazia era guidato da Stefano da Firenze, un allievo di Giotto di cui si era persa memoria, e di cui non erano pervenute ai giorni nostri altre opere. Il ciclo di affreschi mostra una mano di grande maestria e di straordinaria sicurezza: si sono persi gran parte dei colori e dei fondi oro e azzurro-lapislazzulo che certamente impreziosivano l'intera cupola. Ma emergono figure dal disegnato raffinatissimo, certo assai più "gotico" e affidato alla linea più che alle masse tipiche del maestro degli Scrovegni e di Assisi. La temperie orientata verso il gotico-internazionale milanese, i rapporti stretti fra il Ducato e la città di Siena ed i suoi artisti, e probabilmente lo stesso carattere "dolce" – secondo il Vasari – di Stefano hanno fatto la differenza.
Particolarmente notevole la scena finale, sul lato est del tiburio, e dunque la più evidente per chi entra nell'abbazia, con l'Incoronazione della Vergine, certo interamente di mano del maestro, e non della sua bottega, che segue il racconto all'epoca assai diffuso della Legenda Aurea, legata alla morte e all'ascesa al cielo della Vergine.

Il Restauro e la ristrutturazione del Teatro San Carlo.




















A distanza di qualche mese dal termine dei restauri,il 25 gennaio 2009 c’è stato il tutto esaurito al San Carlo, alla riapertura del suo sipario, dopo 5 mesi di lavori di ristrutturazione, il più antico teatro d’opera in Europa (fu edificato nel lontano 1737) ha echeggiato ancora del suo nome e della sua importanza.
Da sempre elemento simbolico della Città, il Teatro di San Carlo, non solo monumento ma luogo di produzione culturale, per avere un futuro all’altezza della sua storia, deve accrescere la propria capacità produttiva: lucida analisi quella effettuata dal Commissario Straordinario Salvatore Nastasi, che individua da subito i nodi centrali del problema.
“Produrre”, per un teatro, significa “mettere in scena”: adeguare la struttura produttiva per il suo potenziamento vuol dire realizzare nuove sale prova, introdurre innovazioni tecnologiche alla macchina scenica, migliorare le zone di lavoro di artisti e tecnici, eliminare le ‘stagioni morte’ combattendo il caldo estivo con la climatizzazione ed infine rinnovarne la forza attrattiva grazie al restauro conservativo di questo monumento già riconosciuto ‘Patrimonio dell’Umanità’.
Come eccellenze italiane il San Carlo, su segnalazione del Commissario ed in accordo con la Regione Campania ed il Comune di Napoli, è stato inserito tra gli interventi a valenza simbolica come opera-testimonianza capace di rappresentare l’Italia che, nel 2011, celebra la nascita della “Nazione”. La Struttura di Missione per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ha così avviato l’iter procedurale di progettazione e realizzazione dei lavori: un appalto che comprendeva al suo interno tutte le lavorazioni e forniture al fine di assicurare il compimento dell’opera nei tempi previsti.
Con la Struttura di Missione ed il coordinamento dell’ing. Enrico Bentivoglio, oggi Direttore dei Lavori, è stato messo a punto un progetto capace di risponde agli obiettivi individuati dal Commissario Nastasi. Abbiamo studiato, analizzato, disegnato e ridisegnato il San Carlo, supportati dalle Soprintendenze e dal Provveditorato; aiutati dagli storici dell’Archivio di Stato abbiamo riletto documenti ottocenteschi; affiancati dalla squadra dell’Ufficio Tecnico del Teatro abbiamo infine messo a punto un progetto nato ‘dentro il teatro’, nel rispetto del Monumento e per migliorarne le prestazioni solo per quanto l’edificio stesso può consentire.
Il 12 agosto con il progetto, reso esecutivo dai tecnici dell’ATI appaltatrice, sono partiti i lavori, ed oggi stiamo realizzando le nuove sale prova: una, la sala prove orchestra, ottenuta trasformando uno spazio non più utilizzato, è riservata ai Professori d’Orchestra, con servizi dedicati e adeguati depositi strumenti; l’altra ricavata modificando la sala scenografia sopra la platea, con un impegnativo intervento di sostituzione di solaio e copertura, sarà attrezzata per ospitare prove del coro, del ballo o della regia, grazie ad una superficie libera pari alla dimensione utile del palcoscenico.
Per offrire ai visitatori la migliore accoglienza abbiamo ricavato un nuovo atrio spazioso sotto la platea: il nuovo Ridotto del San Carlo sarà un luogo dedicato al pubblico, che potrebbe essere aperto non solo nelle sere di spettacolo, con un nuovo bar per il pubblico, ed un booksop; vi si potranno organizzare incontri tematici, piccole conferenze e lo spettatore in ritardo potrà fermarsi a vedere lo spettacolo attraverso un monitor. Il Foyer esistente era, e rimane, il luogo principale deputato agli incontri ed alle feste: è stato climatizzato, restaurato e reso accessibile, come tutto il teatro, ai disabili motori, che entrando dall’ingresso di Piazza Trieste e Trento potranno autonomamente visitare tutti gli spazi pubblici.
Il condizionamento della sala teatrale, necessario per il confort dello spettatore, è indispensabile a garantire una stagione produttiva ininterrotta e quindi potenziale volano di un nuovo turismo estivo portato al San Carlo per ascoltare le caratteristiche sonorità del teatro all’italiana ed ammirarne l’architettura ottocentesca e la ricchezza decorativa degli ornamenti restaurati da mani in prevalenza napoletane, con la direzione vigile e ininterrotta delle storiche dell’arte della Soprintendenza.
Il restauro, ovviamente, non ha trasformato il Teatro. Il San Carlo non è “diverso” da quello che la memoria della Città ricorda: conserva le sue dorature ed il rosso che da tempo, oramai, gli appartiene. Questo chiede la teoria del restauro, nè sarebbe lecito cancellare l’evolversi della storia e le scelte che, Ferdinando II e l’architetto Antonio Niccolini, fecero verso metà ottocento. Scriveva Niccolini nel 1844 che il RE personalmente … di tre parati rossi di carta vellutata di Francia…scelse il paramento del palco di mezzo,…comandò che gli squarci delle porte de’ palchi (…)fossero tappezzate della stessa carta, ...comandò che il guanciale de’ parapetti de’ palchi fosse coverto in giro di velluto di lana colore scarlatto (…).
Così 800 “rolli di carta vellutata di francia” per il rivestimento di “tutti i palchi da 1 fila inclusa”, all’inizio di agosto del 1844 sono alla dogana di Napoli, giungono in Teatro l’11 settembre e vengono messi in opera entro il mese di ottobre.
Quella antica carta velluta di francia di colore rosso oggi è un tessuto sintetico, come le norme esigono, ma preziosi sono il disegno ed il suo fondo, trama e ordito lavorati con la maestria propria di una tradizione importante, copia di un tessuto del Niccolini conservato a Capodimonte, realizzato appositamente ed in esclusiva per il San Carlo, per suggerimento ed autorizzazione del prof. Nicola Spinosa. L’Impresa esecutrice, responsabile dei lavori, ha scelto i produttori e fornitori migliori, garanti di una assoluta qualità, non solo nello specifico campo del tessile: in tutte le risorse, anche umane, utilizzate in questi lavori, non è sono stato lesinato sforzo.
Delle molte cose che si potrebbero scrivere, ve n’è una sulla quale scrivere conta poco: descrivere il nuovo pavimento di platea, realizzato ‘come prima’ con la tradizionale “camera acustica”, elencare tutti gli accorgimenti per la posa dei tessuti nei palchi e delle imbottiture delle sedie, diverrebbe noioso. Quando la Musica tornerà ad appropriarsi della sala, allora sarà evidente che della precedente sonorità del San Carlo, nulla è andato perduto: come il Maestro Riccardo Muti ha affermato, l’acustica, già ottima, a seguito di questi lavori non potrà che migliorare.
Scrigno prezioso il Teatro di San Carlo, pronto a riprendere con successo, e rinnovate risorse, la sua attività artistica.

Carlo Levi. I dipinti restaurati (1920-1933)


Carlo Levi (Torino, 29 novembre 1902 – Roma, 4 gennaio 1975) è stato uno scrittore e pittore italiano, tra i più significativi del Novecento.

Biografia

Nasce in un'agiata famiglia di origine ebraica della borghesia torinese, il 29 novembre 1902. Fin da ragazzo dedica molto del suo tempo alla pittura, una forma d'arte che coltiverà con gran passione per tutta la vita raggiungendo anche importanti successi.
Dopo avere terminato gli studi secondari, si iscrive alla facoltà di medicina all'Università di Torino. Nel periodo degli studi universitari, tramite lo zio, l'onorevole Claudio Treves (figura di rilievo nel Partito socialista), conosce Piero Gobetti, che lo invita a collaborare alla sua rivista La Rivoluzione liberale e lo introduce nella scuola di Felice Casorati, intorno alla quale gravita l'avanguardia pittorica torinese.
Levi, inserito in questo contesto multiculturale, ha modo di frequentare personalità come Cesare Pavese, Giacomo Noventa, Antonio Gramsci, Luigi Einaudi e, più tardi, importante per la sua evoluzione pittorica, Edoardo Persico, Lionello Venturi, Luigi Spazzapan. Nel 1923 soggiorna per la prima volta a Parigi e scrive il primo articolo sulla sua pittura nella rivista Ordine nuovo. Si laurea in medicina nello stesso anno e rimarrà alla Clinica Medica dell'Università di Torino come assistente fino al 1928, ma non eserciterà la professione di medico, preferendole definitivamente la pittura e il giornalismo. La profonda amicizia e l'assidua frequentazione di Felice Casorati valsero a orientare la prima attività artistica del giovane pittore, con le opere pittoriche Ritratto del padre (1923) e il levigato nudo di Arcadia, con il quale partecipa alla Biennale di Venezia del 1924. Dopo alcuni soggiorni a Parigi, dove aveva mantenuto uno studio, la sua pittura, influenzata dalla scuola di Parigi, subisce un ulteriore cambiamento stilistico, proseguito poi con la conoscenza, tra il 1929 e il 1930, di Modigliani. Con il sostegno di Edoardo Persico e Lionello Venturi, alla fine del 1928 prende parte al movimento pittorico cosiddetto dei sei pittori di Torino, insieme a Gigi Chessa, Nicola Galante, Francesco Menzio, Enrico Paulucci e Jessie Boswell, che lo porterà ad esporre in diverse città in Italia ed anche in Europa (Genova, Milano, Roma, Londra, Parigi).
Levi, per una precisa posizione culturale coerente con le sue idee, considerava espressione di libertà la pittura, in contrapposizione non solo formale, ma anche sostanziale alla retorica dell'arte ufficiale, secondo lui sempre più sottomessa al conformismo del regime fascista e al modernismo ipocrita del movimento futurista.


Carlo Levi nel 1947 (foto di Carl Van Vechten)
Nel 1931 si unisce al movimento antifascista di "Giustizia e libertà", fondato tre anni prima da Carlo Rosselli. Per sospetta attività antifascista, nel marzo 1934 Levi si procurerà il primo arresto, e l'anno successivo, dopo un secondo arresto, fu condannato al confino nel paese lucano di Grassano e successivamente trasferito nel piccolo centro di Aliano (nel romanzo chiamato Gagliano). Da questa esperienza nascerà il suo romanzo più famoso, Cristo si è fermato a Eboli, che nel 1979 verrà anche adattato per il cinema e la televisione da Gillo Pontecorvo e Francesco Rosi.
Nel 1936 il regime fascista, sull'onda dell'entusiasmo collettivo per la conquista etiopica, gli concede la grazia, e lo scrittore si trasferisce per alcuni anni in Francia e continua la sua attività politica. Rientrato in Italia, nel 1943 aderisce al Partito d'azione e dirige insieme ad altri Azionisti La nazione del popolo, organo del Comitato di Liberazione della Toscana.
Nel 1945, Einaudi pubblica Cristo si è fermato a Eboli, scritto nei due anni precedenti. In esso Levi denuncia le condizioni di vita disumane di quella popolazione contadina, dimenticata dalle istituzioni dello Stato, alle quali "neppure la parola di Cristo sembra essere mai giunta". La risonanza che avrà il romanzo mette in ombra la sua attività di pittore: ma la stessa pittura di Levi viene influenzata dal suo soggiorno in Lucania, diventando più rigorosa ed essenziale e fondendo la lezione di Modigliani con un sobrio, personale realismo.
Levi continuerà nel dopoguerra la sua attività di giornalista, in qualità di direttore del quotidiano romano Italia libera, partecipando ad iniziative e inchieste politico-sociali sulla arretratezza del Mezzogiorno d'Italia, e per molti anni collaborerà con il quotidiano La Stampa di Torino.
Nel 1954 aderisce al gruppo neorealista e partecipa alla Biennale di Venezia con apprezzabili dipinti, in chiave realistica come la sua narrativa. Dopo Cristo si è fermato a Eboli, di grande interesse sono Le parole sono pietre, del 1955, sui problemi sociali della Sicilia (vincitore nello stesso anno del Premio Viareggio), Il futuro ha un cuore antico (1956), Tutto il miele è finito (1965), e L'orologio, pensosa e inquieta cronaca degli anni della ricostruzione economica italiana (1950).
Nel 1963, per dare peso alle sue inchieste sociali sul degrado generalizzato del paese, e mosso dal desiderio di contribuire a modificare una politica stratificata su un immobilismo di conservazione di certi diritti acquisiti anche illegalmente, passa dalla teoria alla pratica e, convinto dagli alti vertici del partito comunista, incomincia a svolgere politica attiva. Candidato ad un seggio senatoriale, viene eletto per due legislature Senatore della Repubblica (la prima volta nel collegio di Civitavecchia, nel secondo mandato nel collegio di Velletri) come indipendente del Partito comunista italiano.
Nel 1971 fu tra i firmatari dell'appello pubblicato sul settimanale L'espresso contro il commissario Luigi Calabresi.
Nel gennaio 1973 subisce due interventi chirurgici per il distacco della retina. In stato temporaneo di cecità riuscirà a scrivere Quaderno a cancelli, che sarà pubblicato postumo nel 1979, e a tracciare più di 146 disegni della cecità, che saranno pubblicati nel volume "Carlo Levi inedito: con 40 disegni della cecità", a cura di Donato Sperduto, Edizioni Spes, Milazzo 2002 (D. Sperduto si è occupato di Levi anche nel libro "Maestri futili?", Aracne editrice, Roma 2009).
Muore a Roma il 4 gennaio 1975. La salma dello scrittore torinese riposa nel cimitero di Aliano, dove volle essere sepolto per mantenere la promessa di tornare, fatta (e non potuta mantenere in vita) agli abitanti, lasciando il paese.
Nel 1984 viene intitolato a Carlo Levi il Liceo Artistico di Eboli.
Nel 2007 viene intitolato a Carlo Levi il Liceo Scientifico di Tricarico.


Carlo Levi. I dipinti restaurati (1920-1933)

La Fondazione Carlo Levi presenta, dal 5 marzo al 26 giugno 2009, 22 opere dell’artista restaurate negli ultimi anni in collaborazione con l’Istituto Centrale per il restauro di Roma.
Sarà la sede della Fondazione a ospitare l’iniziativa, riprendendo così una tradizione iniziata nel 2000 dall’allora presidente della Fondazione, Pia Vivarelli, recentemente scomparsa.
L’esposizione si propone di illustrare le problematiche relative alla conservazione delle opere contemporanee, problematiche non dissimili da quelle che si riferiscono alle opere antiche, soprattutto per quanto riguarda il “rispetto” del dipinto da restaurare.
La maggior parte delle opere in esposizione, realizzate su diversi materiali di supporto (cartone, compensato, tavoletta, tela), appartengono al meno conosciuto periodo giovanile di Levi (anni Venti). Alcune, grazie a questo restauro, sono offerte per la prima volta alla fruizione del pubblico e degli esperti.
La mostra è accompagnata da un catalogo, edito Palombi Editore, che raccoglie testi scientifici sia sul restauro che sulle tecniche utilizzare dal pittore per la realizzazione delle opere.
Particolare attenzione sarà prestata all’attività didattica collegata alla mostra, in quanto le opere saranno accompagnate da pannelli esplicativi che introdurranno al soggetto pittorico e alle tecniche utilizzate.

Fondazione Carlo Levi

La Fondazione Carlo Levi, nata nel 1976, promuove in Italia e all’estero la conoscenza e lo studio di Carlo Levi come pittore, scrittore e politico.
La Fondazione conserva un ricco patrimonio di dipinti - costituito da oltre 800 pezzi - e un’importante raccolta archivistica di lettere, manoscritti, articoli, volumi e fotografie relativi all’attività figurativa, letteraria e politica di Carlo Levi; quest’ultima conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato.
La Fondazione ha favorito - adottando la formula del comodato - la dislocazione di nuclei organici di dipinti di Carlo Levi in due centri significativi per le vicende biografiche e culturali dell’artista, quali Matera (Museo di Palazzo Lanfranchi), e Alassio (Pinacoteca Carlo Levi- Palazzo Morteo).


Problemi conservativi ed interventi di restauro

Laboratorio di restauro dei materiali dell’arte contemporanea
A cura di M.Grazia Castellano, Grazia De Cesare, Paola Iazurlo, Vera Quattrini

OPERE SU MULTISTRATO

Alcune opere su compensato di Carlo Levi (Due donne, Nudino, Zio Emanuel, Sorella, Bagnanti, Ritratto d’uomo con occhiali, Lia nuda, La pasta, Nudo su tavola) sono giunte nel Laboratorio di restauro dei Materiali dell’Arte Contemporanea dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro per essere sottoposte ad intervento conservativo. Lo stato di conservazione di alcune opere risultava compromesso soprattutto per le cattive condizioni del supporto.
Due dipinti in particolare (Nudino e Due donne) apparivano molto danneggiati a causa di un prolungato contatto con acqua avvenuto per un incidente nei depositi, che aveva causato la parziale perdita del supporto stesso. Il multistrato impiegato dall’artista negli anni ’30 era realizzato mediante stratificazione di fogli di legno di pioppo molto sottili, sovrapposti con fibre ad andamento ortogonale ed incollati con colla proteica idrosolubile. Il materiale estremamente igroscopico è andato letteralmente distrutto nella parte interessata dal fenomeno dannoso.
I fogli del supporto apparivano, lacunosi in più punti, parzialmente distaccati e deformati nelle zone in cui erano liberi, poiché non integri e quindi più sensibili alle successive sollecitazioni termoigrometriche dell’ ambiente non controllato climaticamente.
La principale difficoltà dell’intervento di restauro è stata quella di consolidare e riaderire i fogli di legno, e l’applicazione per la parte mancante di altri fogli di legno in balsa, debitamente sagomati per restituire leggibilità all’ immagine. La scelta del consolidante è stata condotta dopo prove sperimentali eseguite nel Laboratorio di Fisica e Controllo Ambientale dell’ISCR, le cui misurazioni dell’assorbimento e delle deformazioni indotte su un frammento originale di legno di uno dei fogli del multistrato, hanno confermato l’estrema reattività e deformabilità del materiale a contatto con l’acqua che quindi ha portato ad escludere adesivi in fase acquosa, per evitare ulteriori gore e deformazioni. Dopo applicazioni in laboratorio su provini, un adesivo a base di etile vinile acetato ( BEVA 371) ha dato i migliori risultati, per il consolidante.
Per la scelta dell’adesivo dei fogli fra loro, usando dei campioni che riproducessero le caratteristiche del multistrato, è stato infine selezionato un adesivo a base di nitrocellulosa (UHU-Hart) che, grazie al suo grado di fluidità, è risultato essere particolarmente adatto per essere iniettato fra gli strati, senza penetrare nel legno rischiando di macchiarlo, rimanendo facilmente reversibile in acetone e consentendo giusti tempi di applicazione.
Per il risarcimento delle lacune del supporto, gli inserti di balsa sono stati ricavati ricalcando i profili delle lacune con un foglio di acetato, sagomati ed incollati sui frammenti di legno originale partendo dal foglio centrale verso l’esterno, rispettivamente sul recto e sul verso, orientando le fibre di balsa come quelle dei fogli di pioppo del supporto originale. Gli strati di balsa superficiali sono stati inoltre trattati con un adesivo acrilico (Plexisol P550), per renderlo meno sensibile alle fluttuazioni termo-igrometriche ambientali. Per livellare piccole parti difficilmente reintegrabili col legno, è stato adoperato un impasto ottenuto mescolando stucco acrilico (Modostuc) ed il più flessibile etile vinile acetato (BEVA 371).
I due dipinti così reintegrati nel supporto restano però molto fragili, pertanto sono stati incorniciati con una protezione sul fronte e sul retro per ridurre gli scambi con l’ambiente.
Gli attacchi biologici, quando riscontrati a carico di insetti xilofagi, sono stati trattati con biocidi specifici.
Nel caso di Nudino le macchie da gore sono state trattate con miscela di solventi polari in acqua, supportata da carta giapponese e lasciati asciugare con polvere di talco a contatto diretto della pellicola pittorica, per una durata di 24 ore, mantenendo le parti interessate sotto peso per evitare deformazioni.
Su queste, come sulle altre opere, la pulitura è stata generalmente risolta sia meccanicamente a secco facendo uso di gomme, sia con leggeri solventi organici, tenuto conto dell’assenza di vernici superficiali e della sensibilità della pellicola oleosa alla solubilizzazione, visto il limitato tempo di invecchiamento e quindi di polimerizzazione dell’olio siccativo.
Le lacune della pellicola pittorica appartenevano sostanzialmente a due tipologie: abrasioni e vere e proprie mancanze. Le mancanze inequivocabilmente non interpretabili non sono state reintegrate, mentre le lacune di minore estensione sono state trattate a velatura sottotono e a tratteggio.
Una leggera verniciatura opaca è stata realizzata a spruzzo solo su alcune opere, laddove necessaria (per attenuare eventuali squilibri della pellicola pittorica).

OPERE SU TELA

Il Ritratto di Palacios e il Ritratto di Anna Magnani, di più recente esecuzione, sono state anch’esse realizzate ad olio (verificato con test microchimici).
Su una di esse è stato necessario un intervento localizzato sul retro del supporto per risarcire una lacerazione da danno meccanico. La pellicola pittorica non presentava particolari problemi. La pulitura è stata pertanto eseguita in entrambi i casi a secco.
Più complesso il caso della Signora con Cappello, un dipinto ad olio eseguito in origine su tela e successivamente trasportato su un pannello ligneo in un recente intervento di restauro.
Lo stato di conservazione dell’opera appariva piuttosto compromesso, certamente anche a causa del traumatico intervento subito.
Si sono evidenziati numerosi ritocchi a olio che hanno richiesto una delicata pulitura puntuale coadiuvata dall’utilizzo del microscopio, utilizzando allo scopo una miscela solvente (Alcool etilico 60% - Acetone 40%) in grado di solubilizzare i ritocchi recenti salvaguardando il colore originale, pure ad olio. I consolidamenti hanno seguito le stesse regole dei dipinti su multistrato, mentre la reintegrazione è stata realizzata secondo la selezione cromatica ad andamento prevalentemente verticale.

OPERE SU CARTONE

L’utilizzo del cartone come supporto caratterizza i tre dipinti Ritratto del padre, Natura morta con teschio e Manichino.
L’analisi dello stato di conservazione dei tre dipinti evidenziava che i danni di maggiore entità erano a carico del supporto, costituito dalle stesse materie prime utilizzate per la fabbricazione della carta, ma di qualità più scadente. Il cartone è composto da fibre corte, ricavate meccanicamente dal legno, caratterizzate da un elevato contenuto di impurità e povere di cellulosa. Per questo motivo, è un supporto che presenta una bassa resistenza meccanica e un’estrema reattività ai fattori ambientali quali temperatura, umidità, luce ed inquinamento, che possono innescare irreversibili processi di degrado.
Gli effetti provocati dalla conservazione non idonea di questo materiale all’apparenza solido ma intrinsecamente fragile e poco resistente, erano evidenziati dai numerosi fenomeni di decoesione degli strati costitutivi, visibili lungo i margini, e dalla deformazione degli angoli, che presentavano pieghe riscontrabili anche sul recto. Si riscontravano inoltre schiacciamenti e deformazioni lungo i bordi, probabilmente occorsi durante la manipolazione e la fase di stoccaggio, alcune lacune e la presenza di piccole macchie brune sul verso. Lo strato pittorico, in migliori condizioni, appariva invece velato da depositi di polvere e piccole concrezioni gessose.
L’intervento di restauro è iniziato dalla pulitura preliminare della superficie pittorica, eseguita con pennelli, gomme morbide e tamponi inumiditi con acqua distillata e utilizzando, dove necessario, una miscela di solventi molto volatili. Si è quindi proceduto al trattamento del supporto cartaceo, finalizzato alla correzione delle deformazioni ed al consolidamento delle zone maggiormente indebolite. A tale proposito, le distorsioni presenti sugli angoli sono state trattate mediante l’applicazione, dal verso, di strisce di carta giapponese fatta aderire con una miscela composta da metilcellulosa ad alta sostituzione e da un copolimero acrilico-metacrilico. La carta giapponese, per le sue peculiari caratteristiche di resistenza e flessibilità, ha avuto una funzione di rinforzo e di sostegno per le zone indebolite, mentre l’aggiunta dell’adesivo acrilico è stata determinata dall’esigenza di incrementare il potere collante della metilcellulosa con un materiale non biodeteriorabile, considerando che i dipinti, dopo il restauro, sarebbero stati nuovamente conservati in un ambiente non condizionato.
Le zone deadese del supporto sono state fatte riaderire con la stessa miscela di adesivi già citati che, oltre a garantire una solida adesione, hanno svolto anche una funzione consolidante.
Le lacune sono state risarcite con un composto di fibre di cotone disperse in acqua demineralizzata e metilcellulosa, più compatibile con il supporto cartaceo rispetto all’usuale impasto di gesso e colla; in questo modo, è stato inoltre possibile riproporre una superficie che presentasse la stessa consistenza materica del cartone, impiegando materiali di elevata purezza e quindi idonei alla conservazione. La superficie così ottenuta è stata quindi impermeabilizzata con una sottile stesura di metilcellulosa estremamente diluita, in modo da renderla meno assorbente e facilitare la successiva operazione di reintegrazione pittorica che, eseguita all’acquarello con la tecnica del tratteggio, ha completato l’intervento di restauro.

Città: Roma
Luogo: Fondazione Carlo levi
Indirizzo: via Ancona, 21
Provincia: Roma
Regione: Lazio


Tratto da: http://www.beniculturali.it

martedì 8 giugno 2010

Annie Leibovitz





Anna-Lou (Annie) Leibovitz (Waterbury, 2 ottobre 1949) è una fotografa statunitense di origini ebraiche.
Ritrattista affermata, Leibovitz ha uno stile caratterizzato dalla stretta collaborazione tra fotografo e modello.
La sua compagna di vita è stata Susan Sontag, fino alla morte della Sontag nel 2004.








Carriera fotografica


La Leibovitz divenne famosa durante i suoi 13 anni passati come fotografa per la rivista Rolling Stone, dal 1970 al 1983. Nel 1975, occupò il ruolo di fotografa della tournee di concerti del gruppo rock dei Rolling Stones. Negli anni 1980 la Leibovitz fotografò delle celebrità per una campagna pubblicitaria internazionale della American Express. Dal 1983 ha lavorato come fotografa ritrattista per Vanity Fair. Nel 1990 viene premiata col Infinity Awards per la Applied photography. Nel 1991 ha tenuto un'esposizione alla National Portrait Gallery. Annie Leibovitz ha inoltre pubblicato cinque libri di sue fotografie, Photographs, Photographs 1970-1990, American Olympians, Women, e American Music. Nel 2008 ha realizzato il calendario Lavazza 2009.


Foto celebri di Annie Leibovitz


John Lennon, nudo, che abbraccia Yoko Ono vestita. Scattata nel 1980 la mattina prima della morte di Lennon.
Demi Moore, nuda con un abito maschile dipinto sul corpo.
Whoopi Goldberg immersa in una vasca da bagno piena di latte, inquadrata dall'alto.
Christo, completamente impacchettato, così che chi guarda deve fidarsi del fotografo sul fatto che Christo sia realmente sotto l'imballo.
Miley Cyrus l'attrice della sitcom Hannah Montana, ritrae le Cyrus avvolta in un lenzuolo di seta con la schiena scoperta mentre guarda l'obiettivo.
Regina Elisabetta II in occasione della sua visita negli Stati Uniti nel 2007.
Sting nel deserto, nudo ma coperto di fango per fondersi con lo scenario.


Bibliografia

Annie Leibovitz, C'eravamo tanto amate


Articolo del giorno della morte di Susan Sontag la compagna di vita Sorgi Marcello. "C'eravamo tanto amate". Annie Leibovitz racconta per immagini la sua storia con Susan Sontag La Stampa 12-ottobre-2006

Voci correlate

Fotografia lesbica
Susan Sontag

Herb Ritts





Herbert Ritts (Los Angeles, 13 agosto 1952 – Los Angeles, 26 dicembre 2002) è stato un fotografo e regista statunitense.
È stato un fotografo di moda, che si è concentrato soprattutto sulla fotografia in bianco e nero e sul ritratto, ispirandosi allo stile della scultura della Grecia classica. Di conseguenza, alcune delle sue opere più famose sono nudi maschili e femminili nello stile che può essere definito fotografia glamour. Inizialmente non utilizzò mai alcun accorgimento tecnico, nemmeno luci che non fossero quella solare e il suo stile semplice, ed efficace, è stato influenzato da grandi fotografi del passato come Herbert List ed Helmut Newton. È indicato da molti critici d'arte come il miglior fotografo degli ultimi 20 anni


Biografia

Nato a Los Angeles, California da una facoltosa famiglia che tuttora possiede un'azienda di mobilia tra le più rinomate di Los Angeles la Ritts Co., Herb era il più grande dei quattro figli Rory, Gary e Christy. Passò la sua adolescenza tra studi d'arte ed economia e tentativi di sfondare nel mondo del rock. Nel 1974 conseguì la laurea al Bard College a New York e tornò a Los Angeles per lavorare come rappresentante nell'azienda di famiglia. Fu in quel periodo che Herb fece coming out dichiarando alla sua famiglia la propria omosessualità.
In questo periodo cominciò a prendere lezioni di fotografia, seguendo alcuni corsi serali, decidendo di dedicarsi all'arte. La sua prima occasione si presentò nel 1978 quando scattò delle foto all'amico attore Richard Gere durante una gita nel deserto di San Bernardino, Herb e Richard si fermarono in una stazione di servizio per cambiare una ruota forata e mentre Richard sostituiva la ruota Herb scattò delle foto all' attore in jeans e canottiera con le mani sulla nuca e la sigaretta che pendeva dalle labbra. Le foto vennero usate per promuovere il film American Gigolò e riscontrarono successo a livello nazionale grazie alle copertine di molte riviste come Newsweek, Vogue, Esquire e Mademoiselle tanto da procurargli da subito delle commissioni, la prima fu quella di Franco Zeffirelli per ritrarre gli attori di The Champ, successivamente lavorò per Andy Warhol e L'Uomo Vogue. Nel 1979 la rivista Mademoiselle si affidò a Herb Ritts per fotografare la giovane attrice Brooke Shields, le foto furono talmente belle che una di quelle apparve sulla copertina di Elle l'anno successivo. Il modello Matt Collins lo presentò a Bruce Weber i due diventarono subito amici. Franca Sozzani allora direttrice di Vogue Italia prese Herb sotto la sua ala e lo fece lavorare per la sua rivista insieme a una nuova generazione di giovani talenti come Steven Meisel, Bruce Weber e Peter Lindbergh.
Durante tutti gli anni ottanta e novanta riusci a imporsi definitivamente sulla scena mondiale creando un nuovo glamour femminile e per la prima volta uno tutto maschile presentando uomini palestrati in pose plastiche che si ispiravano alla scultura della Grecia classica, questo era esattamente quello che cercava il fashion italiano in quel periodo nel momento in cui il glamour esclusivamente femminile si stava estendendo anche all'uomo. Questa novità ha fatto la fortuna di stilisti come Gianni Versace e Giorgio Armani e portò Herb nell'olimpo della moda e della fotografia, il suo stile diventò ricercatissimo e li permise di lavorare per le più importanti riviste tra cui Elle, TIME, Harper's Bazaar, Rolling Stone, Allure, GQ, Vanity Fair, Interview, The Face, Vogue, Max e Glamour, ritrarre personaggi famosi e modelli e allestire le campagne pubblicitarie di Giorgio Armani, Gianni Versace, Elizabeth Arden, Guess?, CoverGirl, Lexmark, NEC, Cartier, Donna Karan, Maybelline, Acura, Guy Laroche, Häagen-Dazs, Vittel, Calvin Klein, Lacoste, Pirelli, Chanel, Escada, Gianfranco Ferrè, Revlon, Rochas, Brut, Estée Lauder, Levi's, Ralph Lauren, TAG Heuer, Victoria's Secret, The GAP, Lancôme e Valentino. Alcuni soggetti tra le celebrità da lui ritratte in bianco e nero includono Kofi Annan, Ronald Reagan, Nelson Mandela, Paul Walker, Julia Roberts, George Clooney, Tom Cruise, Elton John, Isabella Rossellini, Tenzin Gyatso (il Dalai Lama), Monica Lewinsky, Brad Pitt, Antonio Rossi, Nicole Kidman, David Coulthard, Michelle Pfeiffer, Helmut Newton, Jack Nicholson, Enrique Iglesias, Dustin Hoffman, Mel Gibson, Tina Turner, Antonio Banderas, Mick Jagger, Clint Eastwood, Ewan McGregor, Michael Bergin, Michael Jordan, Sinead O'Connor ed Elizabeth Taylor.
Nel 1981, Ritts realizza le foto per l'album Physical di Olivia Newton-John, successivamente nel 1983 lavora nelle trup dei film Two of a Kind e Flashdance. Nel 1984 fotografa il cantante degli Eagles Don Henley per il suo secondo album solista Building the Perfect Beast e incomincia la sua lunga collaborazione con Madonna scattando le fotografie per il film Cercasi Susan disperatamente. Nel 1986 scatta alcune tra le più importanti fotografie della carriera di Madonna, tra cui la celebre immagine usata per la copertina dell'album True Blue. Nel 1988 fotografa Steve Winwood per l'album Roll With It. Nel 1989 invece fotografa Belinda Carlisle per l'album Runaway Horses. Dal 1996 al 1997 alcuni suoi lavori furono esposti al Museum of Fine Arts di Boston attirando più di 253.000 persone.
Nel 1989 firma inoltre il video Cherish di Madonna. Nel luglio 1988 e nell'ottobre 1998 fotografò Cindy Crawford per Playboy, fu lui insieme a Gianni Versace a trasformare le modelle di quel tempo Naomi Campbell, Linda Evangelista, Tatjana Patitz, Claudia Schiffer, Stephanie Seymour, Christy Turlington, Helena Christensen, Kate Moss e Gisele Bündchen in dive e icone di bellezza. Fu il fotografo del prestigioso Calendario Pirelli nel 1994 e nel 1999. Nella seconda metà degli anni '80 incominciò la sua carriera di regista con uno spot per l'Absolut Vodka. Herb Ritts ha diretto molti video e pubblicità di risonanza mondiale. Nel 1991 due di questi, "Wicked Game" di Chris Isaak e "Love Will Never Do (Without You)" di Janet Jackson, vinsero gli MTV Video Music Awards. Diresse nello stesso anno il video del singolo di Michael Jackson "In the Closet", a cui partecipò anche la top model Naomi Campbell. Da menzionare anche le celebri pubblicità dei profumi "Acqua di Gio" di Giorgio Armani e di "Escape" di Calvin Klein e i video di "Don't Let Me Be the Last to Know" di Britney Spears e "Ain't It Funny" di Jennifer Lopez, poco prima della sua morte.
Nel 1995 dirige per Janet Jackson Design of a decade 1986/1996 e recita nel film L'isola dell'ingiustizia - Alcatraznel ruolo di Mike Kelly. Nel 1993 apparve nel programma Intimate Portrait:Cindy Crawford, mentre nel 1997 fu invitato a Behind the Music. Incominciò ad apparire in televisione con più frequenza negli ultimi anni della sua vita, nel 2001 fu ospite a The Ellen Show e apparve in Diary e nel 2002 in MTV Making the Video.
Dopo la lunga ascesa, al culmine della carriera, muore nel UCLA Medical Center a Los Angeles alle 8:55, per complicazioni derivate da una polmonite, probabilmente legata all'AIDS (circostanza peraltro smentita dai familiari), la rivista The Advocate citando fonti vicine all'artista rivelò che la salute di Herb era precaria ormai da tempo. Ha lasciato il suo compagno e socio d'affari, Erik Hyman, la madre Shirley e una sorella Christy che lo hanno assistito fino all'ultimo.
Le sue ultime foto sono state scattate a metà dicembre all'attore Ben Affleck e pubblicate su Vanity Fair e a Justin Timberlake per Rolling Stone nel 2003.
Videografia

"Quarttro" - Parco (1988)
"Cherish" - Madonna (1989)
"Femme", "Globe" - Rochas (1990)
"Rouge Absolut" - Lancôme (1990)
"Love Will Never Do (Without You)" - Janet Jackson (1990)
"Wicked Game" (version 2) - Chris Isaak (1991)
"Water Sky", "Horse", "Pool", "Sailboat" - Calvin Klein Escape (1991)
"In the Closet" - Michael Jackson (1992)
"Wind", "Earth", "Water", "Movement", "Light", "Shorts", "Wave", "Parachute", "Fire", "Premiere", "Sunny Beach", "Collage", "Co-op Land", "Co-op All Star" - Levi's Loose Fit Jeans (1992)
"Flag", "Stone Wheel", "Red Stripes", "Poles", "Pyramids", "Climbers", "Fort Window", "Big Ball", "Nadege's Shorts", "Winter Shorts", "Loose Fit Ninety" - Levi's Loose Fit Jeans (1992)
"Grey", "Green", "Tan", "Brown", "Blue", "Black", "Green Shorts", "Tan Shorts", "Blue Shorts" - Levi's Dockers (1992)
"Café - Women", "Cafe - Men's" - Guess Perfume (1992)
"Marky Mark" - Calvin Klein (1992)
"Charlie" - Revlon (1992)
"Aquatonic A" - Brut (1993)
"Horizon" - Guy Laroche (1993)
"Seasons", "Earth" - Paul Mitchell (1993)
"Living Sculpture" - Vittel Water (1993)
"NSX - Handmade", "Comfort", "Quality", "Premium" - Acura (1993)
"Lighten Up" - Revlon Flex (1994)
"Kiss Proof" - Revlon (1994)
"Defy It" - Revlon (1994)
"DKNY Men" - Donna Karan (1994)
"Allure" - Chanel (1994)
"Desert" - Paul Mitchell (1994)
"Please Come Home For Christmas" - Jon Bon Jovi (1994)
"Pasha" - Cartier (1994)
"Shall We" - Häagen-Dazs (1995)
"Black Pearls" - Elizabeth Arden (1995)
"True Advance" - CoverGirl (1995)
"Won’t Fade Away" - Revlon (1996)
"Let it Flow" - Toni Braxton (1996)
"The Most Perfect Bra" - Victoria's Secret (1996)
"That's The Ultimate" - Revlon Ultima (1997)
"Angels" - Victoria's Secret (1997)
"Liquid Sexy" - Revlon (1997)
"Acqua di Gio" - Giorgio Armani (1998)
"Allure" - Chanel (1998)
"White Pearls" - Elizabeth Arden (1998)
"My All" - Mariah Carey (1998)
"Beauty is as Beauty Does", "Wisdom" - Revlon Ultima II (1998)
"Wake-Up" - Revlon (1998)
"Triple Volume" - Maybelline (1999)
"Man and Woman" - Eau De Rochas (1999)
"Vidal", "Follower vs. Leader", "Standard Vs. State of the Arts", "Art vs. Science" - Vidal Sassoon (1999)
"Baby Did A Bad, Bad Thing" - Chris Isaak (1999)
"Z Series Printers" - Lexmark (1999)
"Looks That Last" - Revlon (1999)
"Mascara Love" - Maybelline (1999)
"Telling Stories" - Tracy Chapman (2000)
"White Diamonds" - Elizabeth Arden (2000)
"Full 'n' Soft" - Maybelline (2001)
"Advance Night Repair" - Estée Lauder (2001)
"Don't Let Me Be the Last to Know" - Britney Spears (2001)
"Ain't It Funny" (version 1) - Jennifer Lopez (2001)
"United for America" Public Service Announcement - Elizabeth Taylor (2001)
"Gone" - *N Sync (2001)
"Choices" - Revlon (2001)
"Wet Shine Nails" - Maybelline (2001)
"New Angels" - Victoria's Secret (2002)
"Sexy Support" - Victoria's Secret (2002)
"Underneath Your Clothes" - Shakira (2002)
"Beautiful", "Pleasures", "Intense" - Estée Lauder (2002)
"Cinema" - Elizabeth Arden/House of Taylor (2002)
"Forever Elizabeth" - Elizabeth Arden (2002)

Bibliografia

Herb Ritts, Fondation Cartier Pour L'art Contemporain, 1999 (ISBN 0-500-97489-6)
Work, Little, Brown and Company/Bulfinch Press, 1996 (ISBN 2-909450-36-8)
Africa, Little, Brown and Company/Bulfinch Press, 1994 (ISBN 0-8212-2121-3)
Notorious, Little, Brown and Company/Bulfinch Press, 1992 (ISBN 0-8212-1911-1)
Duo, Twin Palms Publishers, 1991 (ISBN 0-944092-17-9)
Men/Women, Twin Palms Publishers, 1989 (ISBN 0-944092-11-X)
Pictures, Twin Palms Publishers, 1988 (ISBN 0-944092-01-2)

Voci correlate

Bob Paris
Herbert List
Nudo maschile in fotografia

martedì 1 giugno 2010

Diego Rivera






















Diego Rivera il cui nome completo era Diego María de la Concepción Juan Nepomuceno Estanislao de la Rivera y Barrientos Acosta y Rodríguez (Guanajuato, 13 dicembre 1886 – Città del Messico, 24 novembre 1957) è stato un pittore e muralista messicano famoso per la tematica sociale delle sue opere realizzate in gran parte in edifici pubblici (soprattutto nel centro storico di Città del Messico).
Nacque il 13 dicembre 1886 a Guanajuato e, a partire dal 1896 inizia a prendere lezioni notturne nell'Accademia di San Carlos a Città del Messico, in cui conobbe il noto paesaggista José María Velasco. Nel 1905 ricevette una borsa di studio del Ministro dell'educazione, Justo Sierra e nel 1907 un'altra del governatore di Veracruz che gli permisero di recarsi in Spagna e di entrare nella scuola di Eduardo Chicharro a Madrid.
Da allora e fino alla metà del 1916 visse tra Messico, Spagna e Francia, frequentando intellettuali del calibro di Alfonso Reyes, Pablo Picasso, Ramón del Valle Inclán e Amedeo Modigliani che gli fece anche un ritratto. In quello stesso anno gli nacque un figlio con la sua prima moglie, la pittrice russa Angelina Beloff, che morirà l'anno seguente.



Nel 1919 ebbe una figlia con Marie Marevna Vorobev, Marika Rivera Vorobev, che non riconobbe mai, ma che aiutò economicamente. Nel 1922 si iscrisse al Partito Comunista Messicano e cominciò a dipingere i suoi murales negli edifici pubblici di Città del Messico. Nello stesso anno si sposò con Lupe Marín che gli diede due figlie: Lupe, nata nel 1925 e Ruth, nel 1926. Nel 1927 divorziò dalla Marín e venne invitato in Unione Sovietica ai festeggiamenti per il decimo anniversario della Rivoluzione russa. Nel 1929 si sposò con la pittrice Frida Kahlo.
I soggetti sono sovente persone umili collocate in un contesto politico. Al tempo stesso Rivera non risparmia gli attacchi alla chiesa e al clero. Con altri artisti come José Clemente Orozco, David Alfaro Siqueiros e Rufino Tamayo, sperimenta grandi affreschi murali con uno stile semplificato e colori vivi, spesso ritraendo scene della rivoluzione messicana di inizio secolo. Tra gli affreschi più emblematici ci sono quelli del Palazzo nazionale a Città del Messico e quelli della scuola nazionale d'agricoltura a Chapingo.
Nei quattro anni seguenti realizzò numerose opere anche negli Stati Uniti in cui le sue tematiche comuniste provocarono molte polemiche sulla stampa. Ciò accadde in particolare con un murales del Rockefeller Center di New York raffigurante Lenin; murales che in seguito venne distrutto. Altra conseguenza di queste polemiche fu l'annullamento della commissione per gli affreschi destinati alla fiera internazionale di Chicago. Nel 1936 Rivera appoggiò la richiesta di asilo in Messico di Leon Trotsky che fu concessa l'anno seguente. Nel 1939 aveva preso le distanze dal noto dissidente russo e aveva divorziato da Frida Kahlo, per poi risposarla nel 1940. Nel 1950 illustrò il Canto General di Pablo Neruda e nel 1955, dopo la morte di Frida, si sposò per la quarta volta, con Emma Hurtado, e si recò in Unione Sovietica per un intervento chirurgico.
Morì il 24 novembre 1957 a Città del Messico. I suoi resti furono collocati nella Rotonda degli uomini illustri, contravvenendo così alle sue ultime volontà.

Alfred Stieglitz


















































Biografia



Stieglitz viene al mondo a Hoboken vicino a New York nel bel mezzo della guerra civile americana in una famiglia benestante ebrea di origine tedesca molto ben inserita nella società americana. Fu uno dei principali fautori della separazione della fotografia dal semplice ambito del reportage, inaugurando la stagione ancora oggi feconda della fotografia artistica. Si trasferisce nel 1871 con la famiglia a New York in una grande casa prospiciente Central Park, dove il giovane Alfred inizia i primi studi tecnici Nel 1882 il padre vende la propria impresa e ritorna in Germania con la famiglia. Alfred Studia ingegneria meccanica all'Università di Berlino e inizia a scattare le sue prime fotografie in giro per l'Europa non ancora ventenne. Egli considerò sempre questi anni giovanili come i suoi migliori e i più determinanti per la scoperta della fotografia. Nel 1884 vince il primo premio al concorso indetto dalla rivista londinese Amateur Potographer. Nel 1890 rientra a New York dove crea con altri soci la Photochrome Engraving Company, una stamperia di fotoincisione e stampa il giornale American Amateur Photographer(1893-1896. Nel 1897 fonda un altro giornale: Camera Notes organo del Camera club di New York, dove espone per la prima volta nel 1899. Nel 1902 forma il gruppo dei Foto Secessionisti e apre le prime sue gallerie, dove espongono fotografi fortemente influenzati dai pittorialisti europei e l'anno dopo fonda e dirige una nuova rivista: Camera Work (usciranno numeri fino al 1917).Nel 1905 apre insieme al fotografo Steichen la galleria 291 di Fifth Avenue (New York) che chiuderà 12 anni più tardi. Dopo la chiusura della 291 e l'ultimo numero di Camera Work, Stieglitz apre altri due spazi: la Intimate Gallery nel 1925 e la An American Place nel 1929. In questi spazi ospiterà fino alla sua morte avvenuta nel 1946, qualsiasi forma d'arte: dalla scultura alla grafica. Stieglitz è una figura fondamentale per la fotografia mondiale e per l'arte americana perché grazie alle sue attività editoriali e alle numerose gallerie dirette è stato un punto di contatto tra gli artisti del nuovo continente e quelli europei e un ottimo divulgatore per il grande pubblico a cui ha raccontato, con grande efficacia, il movimento delle avanguardie artistiche. Nel 1924 sposa la pittrice Georgia O'Keeffe. Nel 1937 scatta le sue ultime fotografie. Muore nel 1946 nella sua New York

Bibliografia

American Pictorial Photography: Series I (1899) Series II (1901)
History of an American: Alfred Stieglitz, 291 and after (1944)
Stieglitz Memorial Portofolio 1864-1946, (1947)

venerdì 28 maggio 2010

Francis Bacon (1909-1992)





Francis Bacon (1909-1992)

Biografia

« Voglio che la mia vita sia il più libera possibile, voglio solo il migliore tipo di atmosfera in cui lavorare
« Ho sempre sognato di dipingere il sorriso, ma non ci sono mai riuscito.
1909-1926
« Ricordo che quando c'era il Black out spruzzavano il parco di qualcosa di fosforescente, con l'idea che gli Zeppelin avrebbero scambiato quella luminescenza per le luci di Londra e avrebbero lanciato le bombe nel parco; ma non funzionò


La casa natale di Francis Bacon, al 63 di Baggot Street, a Dublino.
Francis Bacon è nato in una clinica di Dublino, al 63 di Lower Baggot Street, da genitori inglesi, mentre l'Irlanda stava conquistandosi l'indipendenza dall'Inghilterra. Secondogenito di Anthony Edward Mortimer Bacon (detto Eddie) e Christina Winifred Loxley Firth (detta Winnie). Francis aveva un fratello maggiore di quattro anni, Harley, e uno minore, Edward, entrambi scomparsi in giovane età, e due sorelle minori, Ianthe e Winifred.
Il padre discendeva da una famiglia che vantava nobili origini, imparentata forse con il famoso filosofo omonimo del pittore. Eddie era un uomo iracondo e tirannico, capitano della fanteria leggera dell'esercito britannico in pensione nonché veterano della seconda guerra boera (1899-1902). Una volta tornato in Inghilterra, fu destinato al reggimento in deposito di Newcastle-on-Tyne, lì conobbe e poi sposò Winnie Firth, che proveniva invece da una facoltosa famiglia di Sheffield che aveva fatto fortuna commerciando acciaio e carbone. Francis Bacon racconta che il padre decise di sposare la diciannovenne Winnie, (di 14 anni più giovane di lui), nonostante la ferma opposizione della famiglia della ragazza, solo dopo aver attentamente valutato i vantaggi economici che avrebbe potuto ottenere dagli affari dei Firth, e solo dopo essere stato rifiutato da un'altra giovane ancora più abbiente. I due si sposarono a Londra nel 1903, a quel tempo Eddie aveva 33 anni e si era da poco congedato dall'esercito con il grado onorario di Maggiore. Approfittando della dote ricevuta con il matrimonio intraprese l'attività di allenatore di cavalli da corsa (una passione, quella per la caccia e per gli sport all'aria aperta, che non l'avrebbe mai abbandonato), e ben conscio del fatto che in Irlanda l'impresa avrebbe avuto dei costi inferiori, si trasferì con la famiglia a Connycourt House, vicino al villaggio di Kilcullen, nella contea di Kildare, non lontano da Dublino. La grande casa con 18 stanze e provvista di ampie scuderie ospitava, oltre alla famiglia Bacon, cinque domestici e una ventina di altre persone fra stallieri e lavoratori vari, e veniva amministrata da Eddie con il rigore di un campo militare, vigevano orari molto rigidi per regolare qualsiasi attività quotidiana e i figli vedevano i genitori solo una mezz'ora al giorno, dopo il tè delle cinque, e talvolta durante la colazione domenicale. Il “Capitano Bacon”, come ancora si faceva chiamare, aveva frequenti scoppi d'ira, dovuti spesso a banalità come aver trovato i propri stivali non lucidati a dovere.
La madre di Francis veniva da un ambiente molto diverso da quello della famiglia del marito. L'acciaieria di Sheffield messa in piedi a metà del XIX secolo dal nonno di Winnie , Thomas Firth, era diventata un'azienda d'importanza internazionale, e una parte sostanziosa delle fortune accumulate dalla famiglia era stata devoluta in beneficenza. Il padre di Winnie era morto abbastanza giovane a causa di una grave forma di asma cronica, disturbo ereditato da Francis e che lo avrebbe afflitto per tutta la vita, che per questo motivo era costretto ad assumere morfina e a stare alla larga da cani e cavalli, cosa che lo sminuiva agli occhi del padre. Francis instaurò un rapporto molto profondo con la nonna materna, una donna vitale che seguì la figlia in Irlanda, dove si risposò due volte. Con lei trascorse buona parte dell'infanzia a Farmleigh, vicino alla città settecentesca di Abbeyleix, nel sud-est dell'Irlanda. Anche il carattere della madre, di cui certamente Francis apprezzava la dolcezza rispetto ai modi paterni, appariva come una pallida imitazione della personalità di Granny Supple, come veniva chiamata la nonna in famiglia.
I Bacon si trasferirono a Londra durante la prima guerra mondiale a causa degli obblighi militari del capofamiglia, in servizio al British War Office, quando tornarono trovarono un'Irlanda cambiata dalla sollevazione di Pasqua del 1916, e i paese si sarebbe ulteriormente diviso con la guerra d'indipendenza (1919-1921) e la guerra civile (1922-1923).
A causa dei forti attacchi d'asma che lo costringevano a letto per giorni, Francis non frequentava la scuola regolarmente, e i genitori decisero di affidare la sua istruzione a un sacerdote, che però risultava essere interessato più ai cavalli che all'insegnamento, e che non lasciò tracce rilevanti sulla formazione del futuro pittore. Poco prima del quindicesimo compleanno, Francis fu mandato in collegio secondo la tradizione di famiglia, nella Dean Close School di Cheltenham, vicino alla proprietà che i Bacon avevano da poco preso in affitto a Gotherington, in Inghilterra, dove rimmarrà confinato dal 1924 al 1926. Questo periodo non era ricordato dal pittore in modo molto positivo, ma sicuramente lo avviò alla propria educazione sentimentale: già dall'età di quindici anni Francis era consapevole della propria omosessualità. Quando tornò in famiglia dopo aver lasciato la scuola andò incontro a contrasti sempre maggiori con il padre, che vedeva la sua manifesta intenzione di dedicarsi all'arte come una pericolosa decadenza di costumi che lo avrebbe condotto alla povertà. Ancora peggio per il vecchio Eddie erano le voci che Francis era stato allontanato dalla scuola per i suoi rapporti ambigui con i coetanei, (in quel periodo l'omofilia, considerata un reato fino al 1968, veniva severamente punita), e così se era troppo scioccato per opporsi al figlio che discuteva di vestiti continuamente e si vestiva da donna alle feste di famiglia, con tanto di larghi cappelli a falde anni '20, rossetto, tacchi alti e sigaretta con bocchino, quando lo sorprese a provarsi la biancheria intima della madre davanti a uno specchio lo cacciò di casa.

1926-1927

« Mentre ero a Parigi ho visto una mostra di Picasso alla galleria Rosemberg, e in quel momento ho pensato: beh, cercherò anch'io di fare il pittore.
Nell'ottobre del 1926 Francis decise di trasferirsi a Londra, dove vivevano molti parenti della madre, che aiutava il figlio a coprire almeno le spese di prima necessità inviandogli settimanalmente tre sterline. La grande città appariva come un mondo libero e ricco di stimoli ad un ragazzo cresciuto nella rigida Irlanda, e Francis si inserì presto nel circolo degli omosessuali londinesi, che venivano genericamente considerati degli effeminati all'avanguardia nelle questioni di stile e gusto. Gli eccentrici omosessuali che nei primi anni venti gravitavano attorno alle figure degli scrittori Harold Acton e Brian Howard avevano una forte influenza sugli atteggiamenti artistici e morali dell'epoca, ma bisogna sempre ricordare che l'omosessualità era ancora un crimine e non poteva essere manifestata liberamente.
Durante il soggiorno nella capitale inglese Francis svolse una serie di lavori fra i più disparati, fu stenografo, commesso centralinista in un negozio di abiti femminili all'ingrosso a Soho (dal quale fu licenziato dopo aver scritto una lettera minatoria al suo datore di lavoro), e domestico-cuoco, ma abbandonò anche quest'ultimo impiego, mentre continuava la sua auto-formazione culturale leggendo Nietzsche.

Londra Berlino e Parigi

Sua cugina Diane Watson suggerì che il diciasettenne Francis prendesse lezioni di disegno alla scuola d'arte San Martin. Francis scoprì che era attraente, e che era molto carino per alcune persone e pensò subito di trarne vantaggio, concedendosi a uomini ricchi. Uno di questi uomini era un ex compagno d'arme di suo padre, nonché un brigliatore di cavalli, di nome Harcourt-Smith. Più avanti Francis sostenne che suo padre avesse chiesto al suo amico di tenerlo in pugno e di farlo diventare un vero uomo. Senza dubbio, suo padre era a conoscenza della fama di uomo virile del suo amico ma non dei suoi gusti sessuali.

Berlino

All'inizio della Primavera del 1927 Francis fu portato da Harcourt-Smith a Berlino che allora faceva parte della Repubblica di Weimar. Fu qui che Francis vide il capolavoro di Fritz Lang "Metropolis". Francis trascorse due mesi a Berlino. Dopo più o meno un mese, Harcourt-Smith lo lasciò. "Si è stancato presto di me, e certamente ora sarà con una donna". Fu così che dopo poco tempo decise di trasferirsi a Parigi.

Chantilly

Francis passò un anno e mezzo a Parigi. All'apertura di un'esibizione, incontrò Yvonne Bocquentin, pianista e cantante. Essendo a conoscenza del suo bisogno di imparare la lingua francese, Francis visse per tre mesi con Madame Bocquentin e la sua famiglia nella loro casa presso Chantilly. Al Château de Chantilly (al museo Condè), vide La strage degli innocenti di Nicolas Poussin. L'estate del 1927 Francis andò ad una mostra di 106 opere di Picasso nella Galleria Paul Rosenberg a Parigi, cosa che lo ispirò a disegnare e dipingere. Prese il treno circa cinque volte a settimana per visitare la mostra e spesso tornava con disegni ed aquerelli d'ispirazione cubista.

Queensberry Mews West

Francis tornò a Londra nel tardo 1928 e cominciò a lavorare come interior designer. Prese un garage e lo convertì in studio a South Kensington e condivise il piano superiore con Eric Alden, che fu il suo primo collezionista. Nel 1929 Jessie Lightfoot, la badante di Francis, si unì a loro. Nella prima edizione del Cahiers d'Art del 1929, Francis vide le figure biomorfiche di Picasso. Francis divenne amico di Geoffrey Gilbey, un corrispondente del Daily Express e per qualche tempo lavorò come suo segratario.
Francis scrisse un suo annuncio sul Times come un "gentleman's companion". Fra le varie risposte, attentamente controllate da Jessie Lightfoot, vi era quella di un anziano signore cugino di Douglas Cooper (Cooper aveva la più bella collezione di arte moderna di tutta l'Inghilterra).
Il signore, avendo pagato Francis per i suoi servizi, gli trovò un lavoro part-time come operatore telefonico in un club londinese, e lo aiutò a promuoverlo come designer d'interni a suo cugino Cooper (il quale gli commissionò una volta una scrivania in color grigio-navale).
Nel 1929 Francis conobbe Eric Hall al Bath Club mentre stava cambiando un telefono. Hall (il quale era direttore generale della Peter Jones) fu il suo amante e protettore.

"The 1930 Look in British Decoration"

La prima esposizione al Queensberry Mews, nell'inverno del 1929, era fatta di stracci e mobilia di Bacon (Eric Hall comprò uno straccio) ma pare che vi fossero anche Painted screen (c.1929 - 1930) e Watercolour (1929), entrambi comprati da Eric Alden. Watercolour ("Acquarello"), il suo dipinto più datato sopravvisuto, sembra sia evoluto dai suoi disegni di stracci, che a loro volta furono influenzati dai dipinti e gli arazzi di Jean Lurçat.
Sydney Butler, figlia di Samuel Courtauld e moglie di Rab Butler, commissionò un tavolo di vetro e acciaio ed una serie di sgabelli per il salotto della sua casa di Smith Square.
Lo studio di Bacon di Queensberry Mews, comparve nel numero dell'Agosto 1930 di The Studio, con un articolo di due pagine intitolato "The 1930 Look in British Decoration", che mostrava i suoi lavori, inclusi un grande specchio tondo, stracci e mobilia in acciaio tubolare e vetro influenzata dallo Stile Internazionale, Marcel Breuer, Le Corbusier / Charlotte Perriand e Eileen Gray.
Bacon tornò in Germania nel 1930 e partecipò alla Oberammergau Passion Play.

La casa-studio Millais, Cromwell Place 7: 1943 - 1951

Bacon e Eric Hall affittano il piano terra di Cromwell Place 7, a South Kensington, Londra, che era stata la casa e lo studio di John Everett Millais. Bacon adattò la vecchia e grande sala da biliardo sul retro della casa e lo adibì a suo studio. Nanny Lightfoot,in attesa di una migliore collocazione dormì sul tavolo della cucina. Feste illecite per la presenza di gioco d'azzardo con una roulette vennero tenute nella casa, organizzate da Bacon con l'assistenza di Hall e da cui entrambi ricavarono un profitto. Ora sede dell'Art Fund, la casa Millais è a pochi passi del Victoria and Albert Museum, dove è esposta la collezione nazionale dei lavori di [John Constable], i quali dipinti e schizzi ad olio vennero molto ammirati da Bacon. Sempre in questo museo Bacon scoprirà e studierà le fotografie di Eadweard Muybridge. La mostra Recent Paintings by Francis Bacon, Frances Hodgkins, Matthew Smith, Henry Moore and Graham Sutherland del 1945 alla galeria Lefevre espone due dipinti di Bacon - Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion (1944) e Figure in a landscape (1945).

domenica 23 maggio 2010

Vito Boggeri,Street Art



L'Artista, le Opere

Vito Boggeri, pittore affermato e poliedrico performer, nasce a Serravalle Scrivia nel 1939. Appassionatosi al disegno sin dall'età della scuola dell'obbligo ed avvicinandosi da autodidatta, per diletto e per passione, alla conoscenza delle tecniche degli strumenti dell'arte figurativa, inizia la propria avventura artistica nel 1953, poco meno che quindicenne, presentando con successo alcuni suoi lavori alla Biennale dell'Antoniano, a Bologna. Questo il primo, vero contatto con il mondo dell'Arte. Successiva, importante tappa nella crescita artistica ed umana di Boggeri è l'incontro con il Maestro Mario Calandri, pittore torinese, docente dell'Accademia Albertina, tra i più apprezzati incisori italiani del XX Secolo. Con il passare degli anni, nei momenti di tempo rubati all'impegnativo lavoro di esercente, Boggeri ha proseguito con profitto nella sua personale attività di ricerca. Negli anni Settanta sperimenta nuove espressioni, dal videotape, alla fotografia, alla sabbia. Alla soglia degli anni Ottanta, Boggeri ritorna alla pittura, ad una "street art" fatta di vernici su cartone, su legno e materiali poveri e di recupero. Oggi, Boggeri vanta una carriera trentennale e conta numerose mostre personali e di gruppo, nonché esposizioni in permanenza, in Italia ed all'estero, presso gallerie d'arte pubbliche, private, e centri culturali, da Torino, a Milano, Genova, e Bologna, da Parigi, a New York, Montreal, San Paolo e Tokio. Sposato, con due figli, attualmente vive e lavora spostandosi tra la casa-studio in Val Borbera e l'abitazione di Sanremo.


15 maggio 6 giugno 2010 Vito Boggeri Espone


L'Associazione Amici dell'Arte di Serravalle Scrivia, l'Amministrazione Comunale di Serravalle Scrivia e la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino sono lieti di presentare la mostra d'arte "Di Tutto è di Più", personale del pittore e performer Vito Boggeri, allestita dal 15 maggio al 6 giugno, nei locali ristrutturati dello storico Palazzo Grillo, di Via Berthoud 52. Nei locali in fase di riqualificazione del recuperato seicentesco Palazzo Grillo, storico edificio del centro storico di Serravalle, sono esposte complessivamente 33 titoli, tra opere su legno, cartone, e piccole installazioni, selezionati dalla recente produzione artistica del pittore serravallese che torna ad esporre nella natia Serravalle dopo ben 23 anni dall'ultima mostra. Dipinti realizzati con tecniche diverse, dai tratti e dai colori decisi, vivaci, vitali, stesi su supporti in cartone, legno, materiali "poveri" o di riciclo, ed oggetti di uso comune riletti dall'occhio bizzarro di Boggeri, sono proposti al visitatore in un percorso articolato lungo un susseguirsi di stanze al piano primo, sui muri delle quali è possibile ritrovare tra i segni e le ferite lasciate dal tempo e dall'incuria, le tracce del nobile passato di Palazzo Grillo. Un contesto curiosamente eterogeneo di suggestivo, di sicuro impatto. L'evento intende infatti rappresentare un ulteriore "tassello" nell'azione di riqualificazione e rivitalizzazione del centro storico di Serravalle, portata avanti dall'Amministrazione Comunale.

La mostra è organizzata dall'Associazione Amici dell'Arte, in collaborazione con il Comune di Serravalle Scrivia, la Biblioteca Comunale "Roberto Allegri" e il contributo economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Nelle opere esposte, Boggeri si racconta e racconta, con intensità, creatività, e sottile, disincantata, irriverente, divertita ironia, di emozioni forti, di storie tragiche, dei paradossi dell'uomo e della natura umana, della guerra, dell'amore, della morte, dell'amicizia, degli angoli nascosti ed oscuri della quotidianità, delle contraddizioni della società contemporanea, della vita "segreta" degli oggetti.

Orario di apertura

Dal 15 maggio al 6 giugno 2010

Mercoledì, Giovedì, Venerdì 17.00 - 19.00

Sabato e Domenica 16.00 - 19.00

mercoledì 19 maggio 2010

Lucian Freud Pittore












































Biografia
















Nipote di Sigmund Freud, è figlio dell'architetto Ernst Freud e padre della scultrice Jane MacAdam Freud. Nel 1933, poco dopo l’ascesa al potere in Germania di Adolf Hitler, si trasferisce nel Regno Unito con genitori e fratelli, ottenendo qualche anno più tardi la naturalizzazione britannica.
Risale al 1937 la sua unica scultura, che gli vale l'ammissione alla Central School of Arts and Crafts di Londra prima, per iscriversi poi alla East Anglian School of Drawings and Paintings di Dedham nell'Essex diretta dal pittore Cedric Morris, che fu il suo primo mentore. I suoi studi vengono interrotti per un servizio su un convoglio di navi da guerra nell'Atlantico settentrionale.
Le prime prove pittoriche di Freud tendono all'espressività intensa, deformano volti e oggetti in direzione della Nuova oggettività ma forse anche tengono in vista Chagall surnaturel. Dai primi passi del suo cammino d'artista, Freud palesa uno straordinario spirito di osservazione del reale e una forte adesione concettuale ad esso, che si fara con gli anni sempre più incisiva.
Tiene la sua prima personale nel 1944, ma già dieci anni dopo rappresenta la Gran Bretagna alla XXVII Biennale di Arti Visive di Venezia a fianco di Francis Bacon (pittore con il quale manterrà una certa affinità di ricerca) e Ben Nicholson.
A partire dalla fine degli anni Cinquanta, Freud abbandona il disegno come attività principale e indipendente e il disegno anche intenso come struttura che governa il dipinto. Il suo nuovo stile muove da una nuova diversa maniera di vedere, il suo sguardo si volge anche all'interno dell'essere umano.
Nel 1951 al Festival of Britain è premiato con Arts Council Prize. 1953-1954 è visitor professor alla Slade School of Fine Art di Londra.
Dal 1979 le mostre si moltiplicano e Freud espone in Giappone e negli Stati Uniti.
Nel 1983 gli viene conferita l'onorificenza di "Companion of Honour". È Accademico Emerito dell’Accademia delle Arti del Disegno nella Classe di Pittura.


Stile

In molti quadri del tardo Freud, l’osservatore è avvertito degli artifici compositivi. Notiamo per esempio la presenza dello studio, ci vengono mostrate modelle appoggiate su stracci inzuppati di colore, macchie di vernice sul pavimento e sulle pareti; i nomi e i numeri di telefono dei modelli scarabocchiati sui muri; la scala che l’artista usa per realizzare le tele più grandi, e così via. Soprattutto ci viene svelata, attraverso i mezzi più svariati e inattesi, “la noia e l’imbarazzo di posare”. In sostanza, tutto rimanda a una consapevolezza autoriflessiva del tutto inconsueta per la storia della ritrattistica (quantomeno fino a oggi). Freud ha anche ritratto nientemeno che la regina Elisabetta o la supermodella Kate Moss senza alcun tipo di concessione estetizzante, anzi cercando di far affiorare le ansie e le angosce dei suoi soggetti, a discapito dell’esteriorità. Nonostante Freud si è sempre tenuto fuori dalle principali correnti del Novecento e si è mantenuto sempre legato a una dimensione figurativa, è stato uno dei pittori più influenti dell’ultimo mezzo secolo, ma la sua opera resiste a ogni categorizzazione. Il suo approccio non si qualifica in termini di “stile” o “maniera” perché ha che fare con la crescita della coscienza e del carattere individuale, Ogni dipinto è ciò che è. “Cosa chiedo a un dipinto” scrisse una volta Freud. “Gli chiedo di stupire, disturbare, sedurre, convincere”.

Roberto Longhi

La biografia
Roberto Longhi nasce ad Alba il 28 dicembre 1890, figlio di Linda Battaglia e di Giovanni Longhi (insegnante di materie tecniche presso la locale Regia Scuola Enologica).

Nel 1911 si laurea con Pietro Toesca a Torino discutendo una tesi sul Caravaggio. E' ammesso nel 1912 alla scuola di perfezionamento di Adolfo Venturi a Roma dopo un 'colloquio' su Cosmè Tura. Collabora alle riviste "La Voce" (dal 1911) e "L'Arte" (dal 1913). Iniziano nello stesso periodo (1912) i primi contatti con Bernard Berenson, al quale si propone come traduttore per il volume The Italian painters of the Renaissance. L'insegnamento nell'anno scolastico 1913-1914 ai licei Tasso e Visconti di Roma è documentato dalla Breve ma veridica storia della pittura italiana, dispensa ad uso degli studenti pubblicata postuma nel 1980; tra i suoi allievi figura Lucia Lopresti, la scrittrice Anna Banti, futura moglie del critico (1924). Gli scritti giovanili spaziano da argomenti di pittura del Quattrocento (Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana) fino a temi di critica militante (I pittori futuristi e La Scultura Futurista di Boccioni), passando per Caravaggio (Due opere di Caravaggio) e i suoi seguaci: Mattia Preti (critica figurativa pura), Orazio Borgianni, Battistello, Gentileschi padre e figlia.

Tra il 1920 e il 1922 viaggia in Europa con Alessandro Contini Bonacossi visitando chiese, musei e collezioni del continente (Francia, Spagna, Germania, Austria, Paesi Bassi, Cecoslovacchia, Ungheria). Il Grand Tour europeo affina straordinariamente i suoi strumenti di conoscitore. A Roma, dal 1922, esercita la libera docenza all'Università. Nel 1926 inizia la collaborazione con "Vita Artistica" di cui, dal 1927, assume la direzione insieme ad Emilio Cecchi, con il quale fonderà l'anno successivo la rivista "Pinacotheca".

Nel 1927 pubblica il Piero della Francesca, la celebre monografia tradotta immediatamente in lingua francese (1927) e subito dopo in inglese (1931). Nel 1934 seguirà l'Officina Ferrarese, elaborata sull'onda dell'esposizione dedicata alla pittura ferrarese del Rinascimento (1933). Sempre nel 1934 vince il concorso per la cattedra di Storia dell'Arte Medievale e Moderna all'Università di Bologna. Tra il 1935 e il 1936 organizza la Mostra del Settecento bolognese. Gli interessi per l'arte contemporanea sono testimoniati dalla monografia dedicata a Carlo Carrà (1937) dall'intensa frequentazione con Giorgio Morandi.
Dal 1947 al 1958 é presente nelle commissioni organizzatrici della Biennale di venezia

Nel 1939 si trasferisce a Firenze. Dirige (dal 1938 al 1940), insieme a Ranuccio Bianchi Bandinelli e a Carlo Ludovico Ragghianti, la rivista "La Critica d'Arte". Risalgono a questi anni i Fatti di Masolino e di Masaccio (1940) e il Carlo Braccesco (1942). Il Viatico per cinque secoli di pittura veneziana (1946) - che segue la mostra allestita nel 1945 da Rodolfo Pallucchini - è anche il preludio alla successiva e intensa collaborazione ad "Arte Veneta" (1947-1948). Esce nel 1943 il primo annuario di "Proporzioni" (seguiranno altri tre numeri nel 1948, 1950 e 1963), che contiene tra l'altro il noto saggio dedicato agli Ultimi studi sul Caravaggio e la sua cerchia. Nel 1950 nasce la rivista "Paragone" che dirigerà fino alla morte e alla quale ha affidato importanti editoriali di politica culturale e saggi su vari argomenti storico artistici. Nel 1949 viene chiamato all'Università di Firenze.

Longhi ha ideato e diretto le memorabili mostre bolognesi su Giuseppe Maria Crespi (1948) e sulla pittura bolognese del Trecento (1950), e quella celeberrima organizzata a Milano su Caravaggio e i caravaggeschi (1951); cui seguirà nel 1952 il volume monografico sul maestro lombardo. Nel 1953 con l'esposizione milanese I pittori della realtà in Lombardia viene esplorata una tendenza espressiva che ha caratterizzato per diversi secoli quest'area artistica. Negli stessi anni lavora con Umberto Barbaro alla creazione di documentari su artisti (Carpaccio, Caravaggio, Carrà). Al 1956 risale il volume su Il Correggio e la camera di San Paolo a Parma.

Alla sua morte nel 1970 per volontà testamentaria ha lasciato "per vantaggio delle giovani generazioni" la collezione d'arte, la fototeca e la biblioteca custodita nella villa di via Fortini dove oggi ha sede la Fondazione che porta il suo nome.