mercoledì 30 giugno 2010

Carlo Levi. I dipinti restaurati (1920-1933)


Carlo Levi (Torino, 29 novembre 1902 – Roma, 4 gennaio 1975) è stato uno scrittore e pittore italiano, tra i più significativi del Novecento.

Biografia

Nasce in un'agiata famiglia di origine ebraica della borghesia torinese, il 29 novembre 1902. Fin da ragazzo dedica molto del suo tempo alla pittura, una forma d'arte che coltiverà con gran passione per tutta la vita raggiungendo anche importanti successi.
Dopo avere terminato gli studi secondari, si iscrive alla facoltà di medicina all'Università di Torino. Nel periodo degli studi universitari, tramite lo zio, l'onorevole Claudio Treves (figura di rilievo nel Partito socialista), conosce Piero Gobetti, che lo invita a collaborare alla sua rivista La Rivoluzione liberale e lo introduce nella scuola di Felice Casorati, intorno alla quale gravita l'avanguardia pittorica torinese.
Levi, inserito in questo contesto multiculturale, ha modo di frequentare personalità come Cesare Pavese, Giacomo Noventa, Antonio Gramsci, Luigi Einaudi e, più tardi, importante per la sua evoluzione pittorica, Edoardo Persico, Lionello Venturi, Luigi Spazzapan. Nel 1923 soggiorna per la prima volta a Parigi e scrive il primo articolo sulla sua pittura nella rivista Ordine nuovo. Si laurea in medicina nello stesso anno e rimarrà alla Clinica Medica dell'Università di Torino come assistente fino al 1928, ma non eserciterà la professione di medico, preferendole definitivamente la pittura e il giornalismo. La profonda amicizia e l'assidua frequentazione di Felice Casorati valsero a orientare la prima attività artistica del giovane pittore, con le opere pittoriche Ritratto del padre (1923) e il levigato nudo di Arcadia, con il quale partecipa alla Biennale di Venezia del 1924. Dopo alcuni soggiorni a Parigi, dove aveva mantenuto uno studio, la sua pittura, influenzata dalla scuola di Parigi, subisce un ulteriore cambiamento stilistico, proseguito poi con la conoscenza, tra il 1929 e il 1930, di Modigliani. Con il sostegno di Edoardo Persico e Lionello Venturi, alla fine del 1928 prende parte al movimento pittorico cosiddetto dei sei pittori di Torino, insieme a Gigi Chessa, Nicola Galante, Francesco Menzio, Enrico Paulucci e Jessie Boswell, che lo porterà ad esporre in diverse città in Italia ed anche in Europa (Genova, Milano, Roma, Londra, Parigi).
Levi, per una precisa posizione culturale coerente con le sue idee, considerava espressione di libertà la pittura, in contrapposizione non solo formale, ma anche sostanziale alla retorica dell'arte ufficiale, secondo lui sempre più sottomessa al conformismo del regime fascista e al modernismo ipocrita del movimento futurista.


Carlo Levi nel 1947 (foto di Carl Van Vechten)
Nel 1931 si unisce al movimento antifascista di "Giustizia e libertà", fondato tre anni prima da Carlo Rosselli. Per sospetta attività antifascista, nel marzo 1934 Levi si procurerà il primo arresto, e l'anno successivo, dopo un secondo arresto, fu condannato al confino nel paese lucano di Grassano e successivamente trasferito nel piccolo centro di Aliano (nel romanzo chiamato Gagliano). Da questa esperienza nascerà il suo romanzo più famoso, Cristo si è fermato a Eboli, che nel 1979 verrà anche adattato per il cinema e la televisione da Gillo Pontecorvo e Francesco Rosi.
Nel 1936 il regime fascista, sull'onda dell'entusiasmo collettivo per la conquista etiopica, gli concede la grazia, e lo scrittore si trasferisce per alcuni anni in Francia e continua la sua attività politica. Rientrato in Italia, nel 1943 aderisce al Partito d'azione e dirige insieme ad altri Azionisti La nazione del popolo, organo del Comitato di Liberazione della Toscana.
Nel 1945, Einaudi pubblica Cristo si è fermato a Eboli, scritto nei due anni precedenti. In esso Levi denuncia le condizioni di vita disumane di quella popolazione contadina, dimenticata dalle istituzioni dello Stato, alle quali "neppure la parola di Cristo sembra essere mai giunta". La risonanza che avrà il romanzo mette in ombra la sua attività di pittore: ma la stessa pittura di Levi viene influenzata dal suo soggiorno in Lucania, diventando più rigorosa ed essenziale e fondendo la lezione di Modigliani con un sobrio, personale realismo.
Levi continuerà nel dopoguerra la sua attività di giornalista, in qualità di direttore del quotidiano romano Italia libera, partecipando ad iniziative e inchieste politico-sociali sulla arretratezza del Mezzogiorno d'Italia, e per molti anni collaborerà con il quotidiano La Stampa di Torino.
Nel 1954 aderisce al gruppo neorealista e partecipa alla Biennale di Venezia con apprezzabili dipinti, in chiave realistica come la sua narrativa. Dopo Cristo si è fermato a Eboli, di grande interesse sono Le parole sono pietre, del 1955, sui problemi sociali della Sicilia (vincitore nello stesso anno del Premio Viareggio), Il futuro ha un cuore antico (1956), Tutto il miele è finito (1965), e L'orologio, pensosa e inquieta cronaca degli anni della ricostruzione economica italiana (1950).
Nel 1963, per dare peso alle sue inchieste sociali sul degrado generalizzato del paese, e mosso dal desiderio di contribuire a modificare una politica stratificata su un immobilismo di conservazione di certi diritti acquisiti anche illegalmente, passa dalla teoria alla pratica e, convinto dagli alti vertici del partito comunista, incomincia a svolgere politica attiva. Candidato ad un seggio senatoriale, viene eletto per due legislature Senatore della Repubblica (la prima volta nel collegio di Civitavecchia, nel secondo mandato nel collegio di Velletri) come indipendente del Partito comunista italiano.
Nel 1971 fu tra i firmatari dell'appello pubblicato sul settimanale L'espresso contro il commissario Luigi Calabresi.
Nel gennaio 1973 subisce due interventi chirurgici per il distacco della retina. In stato temporaneo di cecità riuscirà a scrivere Quaderno a cancelli, che sarà pubblicato postumo nel 1979, e a tracciare più di 146 disegni della cecità, che saranno pubblicati nel volume "Carlo Levi inedito: con 40 disegni della cecità", a cura di Donato Sperduto, Edizioni Spes, Milazzo 2002 (D. Sperduto si è occupato di Levi anche nel libro "Maestri futili?", Aracne editrice, Roma 2009).
Muore a Roma il 4 gennaio 1975. La salma dello scrittore torinese riposa nel cimitero di Aliano, dove volle essere sepolto per mantenere la promessa di tornare, fatta (e non potuta mantenere in vita) agli abitanti, lasciando il paese.
Nel 1984 viene intitolato a Carlo Levi il Liceo Artistico di Eboli.
Nel 2007 viene intitolato a Carlo Levi il Liceo Scientifico di Tricarico.


Carlo Levi. I dipinti restaurati (1920-1933)

La Fondazione Carlo Levi presenta, dal 5 marzo al 26 giugno 2009, 22 opere dell’artista restaurate negli ultimi anni in collaborazione con l’Istituto Centrale per il restauro di Roma.
Sarà la sede della Fondazione a ospitare l’iniziativa, riprendendo così una tradizione iniziata nel 2000 dall’allora presidente della Fondazione, Pia Vivarelli, recentemente scomparsa.
L’esposizione si propone di illustrare le problematiche relative alla conservazione delle opere contemporanee, problematiche non dissimili da quelle che si riferiscono alle opere antiche, soprattutto per quanto riguarda il “rispetto” del dipinto da restaurare.
La maggior parte delle opere in esposizione, realizzate su diversi materiali di supporto (cartone, compensato, tavoletta, tela), appartengono al meno conosciuto periodo giovanile di Levi (anni Venti). Alcune, grazie a questo restauro, sono offerte per la prima volta alla fruizione del pubblico e degli esperti.
La mostra è accompagnata da un catalogo, edito Palombi Editore, che raccoglie testi scientifici sia sul restauro che sulle tecniche utilizzare dal pittore per la realizzazione delle opere.
Particolare attenzione sarà prestata all’attività didattica collegata alla mostra, in quanto le opere saranno accompagnate da pannelli esplicativi che introdurranno al soggetto pittorico e alle tecniche utilizzate.

Fondazione Carlo Levi

La Fondazione Carlo Levi, nata nel 1976, promuove in Italia e all’estero la conoscenza e lo studio di Carlo Levi come pittore, scrittore e politico.
La Fondazione conserva un ricco patrimonio di dipinti - costituito da oltre 800 pezzi - e un’importante raccolta archivistica di lettere, manoscritti, articoli, volumi e fotografie relativi all’attività figurativa, letteraria e politica di Carlo Levi; quest’ultima conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato.
La Fondazione ha favorito - adottando la formula del comodato - la dislocazione di nuclei organici di dipinti di Carlo Levi in due centri significativi per le vicende biografiche e culturali dell’artista, quali Matera (Museo di Palazzo Lanfranchi), e Alassio (Pinacoteca Carlo Levi- Palazzo Morteo).


Problemi conservativi ed interventi di restauro

Laboratorio di restauro dei materiali dell’arte contemporanea
A cura di M.Grazia Castellano, Grazia De Cesare, Paola Iazurlo, Vera Quattrini

OPERE SU MULTISTRATO

Alcune opere su compensato di Carlo Levi (Due donne, Nudino, Zio Emanuel, Sorella, Bagnanti, Ritratto d’uomo con occhiali, Lia nuda, La pasta, Nudo su tavola) sono giunte nel Laboratorio di restauro dei Materiali dell’Arte Contemporanea dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro per essere sottoposte ad intervento conservativo. Lo stato di conservazione di alcune opere risultava compromesso soprattutto per le cattive condizioni del supporto.
Due dipinti in particolare (Nudino e Due donne) apparivano molto danneggiati a causa di un prolungato contatto con acqua avvenuto per un incidente nei depositi, che aveva causato la parziale perdita del supporto stesso. Il multistrato impiegato dall’artista negli anni ’30 era realizzato mediante stratificazione di fogli di legno di pioppo molto sottili, sovrapposti con fibre ad andamento ortogonale ed incollati con colla proteica idrosolubile. Il materiale estremamente igroscopico è andato letteralmente distrutto nella parte interessata dal fenomeno dannoso.
I fogli del supporto apparivano, lacunosi in più punti, parzialmente distaccati e deformati nelle zone in cui erano liberi, poiché non integri e quindi più sensibili alle successive sollecitazioni termoigrometriche dell’ ambiente non controllato climaticamente.
La principale difficoltà dell’intervento di restauro è stata quella di consolidare e riaderire i fogli di legno, e l’applicazione per la parte mancante di altri fogli di legno in balsa, debitamente sagomati per restituire leggibilità all’ immagine. La scelta del consolidante è stata condotta dopo prove sperimentali eseguite nel Laboratorio di Fisica e Controllo Ambientale dell’ISCR, le cui misurazioni dell’assorbimento e delle deformazioni indotte su un frammento originale di legno di uno dei fogli del multistrato, hanno confermato l’estrema reattività e deformabilità del materiale a contatto con l’acqua che quindi ha portato ad escludere adesivi in fase acquosa, per evitare ulteriori gore e deformazioni. Dopo applicazioni in laboratorio su provini, un adesivo a base di etile vinile acetato ( BEVA 371) ha dato i migliori risultati, per il consolidante.
Per la scelta dell’adesivo dei fogli fra loro, usando dei campioni che riproducessero le caratteristiche del multistrato, è stato infine selezionato un adesivo a base di nitrocellulosa (UHU-Hart) che, grazie al suo grado di fluidità, è risultato essere particolarmente adatto per essere iniettato fra gli strati, senza penetrare nel legno rischiando di macchiarlo, rimanendo facilmente reversibile in acetone e consentendo giusti tempi di applicazione.
Per il risarcimento delle lacune del supporto, gli inserti di balsa sono stati ricavati ricalcando i profili delle lacune con un foglio di acetato, sagomati ed incollati sui frammenti di legno originale partendo dal foglio centrale verso l’esterno, rispettivamente sul recto e sul verso, orientando le fibre di balsa come quelle dei fogli di pioppo del supporto originale. Gli strati di balsa superficiali sono stati inoltre trattati con un adesivo acrilico (Plexisol P550), per renderlo meno sensibile alle fluttuazioni termo-igrometriche ambientali. Per livellare piccole parti difficilmente reintegrabili col legno, è stato adoperato un impasto ottenuto mescolando stucco acrilico (Modostuc) ed il più flessibile etile vinile acetato (BEVA 371).
I due dipinti così reintegrati nel supporto restano però molto fragili, pertanto sono stati incorniciati con una protezione sul fronte e sul retro per ridurre gli scambi con l’ambiente.
Gli attacchi biologici, quando riscontrati a carico di insetti xilofagi, sono stati trattati con biocidi specifici.
Nel caso di Nudino le macchie da gore sono state trattate con miscela di solventi polari in acqua, supportata da carta giapponese e lasciati asciugare con polvere di talco a contatto diretto della pellicola pittorica, per una durata di 24 ore, mantenendo le parti interessate sotto peso per evitare deformazioni.
Su queste, come sulle altre opere, la pulitura è stata generalmente risolta sia meccanicamente a secco facendo uso di gomme, sia con leggeri solventi organici, tenuto conto dell’assenza di vernici superficiali e della sensibilità della pellicola oleosa alla solubilizzazione, visto il limitato tempo di invecchiamento e quindi di polimerizzazione dell’olio siccativo.
Le lacune della pellicola pittorica appartenevano sostanzialmente a due tipologie: abrasioni e vere e proprie mancanze. Le mancanze inequivocabilmente non interpretabili non sono state reintegrate, mentre le lacune di minore estensione sono state trattate a velatura sottotono e a tratteggio.
Una leggera verniciatura opaca è stata realizzata a spruzzo solo su alcune opere, laddove necessaria (per attenuare eventuali squilibri della pellicola pittorica).

OPERE SU TELA

Il Ritratto di Palacios e il Ritratto di Anna Magnani, di più recente esecuzione, sono state anch’esse realizzate ad olio (verificato con test microchimici).
Su una di esse è stato necessario un intervento localizzato sul retro del supporto per risarcire una lacerazione da danno meccanico. La pellicola pittorica non presentava particolari problemi. La pulitura è stata pertanto eseguita in entrambi i casi a secco.
Più complesso il caso della Signora con Cappello, un dipinto ad olio eseguito in origine su tela e successivamente trasportato su un pannello ligneo in un recente intervento di restauro.
Lo stato di conservazione dell’opera appariva piuttosto compromesso, certamente anche a causa del traumatico intervento subito.
Si sono evidenziati numerosi ritocchi a olio che hanno richiesto una delicata pulitura puntuale coadiuvata dall’utilizzo del microscopio, utilizzando allo scopo una miscela solvente (Alcool etilico 60% - Acetone 40%) in grado di solubilizzare i ritocchi recenti salvaguardando il colore originale, pure ad olio. I consolidamenti hanno seguito le stesse regole dei dipinti su multistrato, mentre la reintegrazione è stata realizzata secondo la selezione cromatica ad andamento prevalentemente verticale.

OPERE SU CARTONE

L’utilizzo del cartone come supporto caratterizza i tre dipinti Ritratto del padre, Natura morta con teschio e Manichino.
L’analisi dello stato di conservazione dei tre dipinti evidenziava che i danni di maggiore entità erano a carico del supporto, costituito dalle stesse materie prime utilizzate per la fabbricazione della carta, ma di qualità più scadente. Il cartone è composto da fibre corte, ricavate meccanicamente dal legno, caratterizzate da un elevato contenuto di impurità e povere di cellulosa. Per questo motivo, è un supporto che presenta una bassa resistenza meccanica e un’estrema reattività ai fattori ambientali quali temperatura, umidità, luce ed inquinamento, che possono innescare irreversibili processi di degrado.
Gli effetti provocati dalla conservazione non idonea di questo materiale all’apparenza solido ma intrinsecamente fragile e poco resistente, erano evidenziati dai numerosi fenomeni di decoesione degli strati costitutivi, visibili lungo i margini, e dalla deformazione degli angoli, che presentavano pieghe riscontrabili anche sul recto. Si riscontravano inoltre schiacciamenti e deformazioni lungo i bordi, probabilmente occorsi durante la manipolazione e la fase di stoccaggio, alcune lacune e la presenza di piccole macchie brune sul verso. Lo strato pittorico, in migliori condizioni, appariva invece velato da depositi di polvere e piccole concrezioni gessose.
L’intervento di restauro è iniziato dalla pulitura preliminare della superficie pittorica, eseguita con pennelli, gomme morbide e tamponi inumiditi con acqua distillata e utilizzando, dove necessario, una miscela di solventi molto volatili. Si è quindi proceduto al trattamento del supporto cartaceo, finalizzato alla correzione delle deformazioni ed al consolidamento delle zone maggiormente indebolite. A tale proposito, le distorsioni presenti sugli angoli sono state trattate mediante l’applicazione, dal verso, di strisce di carta giapponese fatta aderire con una miscela composta da metilcellulosa ad alta sostituzione e da un copolimero acrilico-metacrilico. La carta giapponese, per le sue peculiari caratteristiche di resistenza e flessibilità, ha avuto una funzione di rinforzo e di sostegno per le zone indebolite, mentre l’aggiunta dell’adesivo acrilico è stata determinata dall’esigenza di incrementare il potere collante della metilcellulosa con un materiale non biodeteriorabile, considerando che i dipinti, dopo il restauro, sarebbero stati nuovamente conservati in un ambiente non condizionato.
Le zone deadese del supporto sono state fatte riaderire con la stessa miscela di adesivi già citati che, oltre a garantire una solida adesione, hanno svolto anche una funzione consolidante.
Le lacune sono state risarcite con un composto di fibre di cotone disperse in acqua demineralizzata e metilcellulosa, più compatibile con il supporto cartaceo rispetto all’usuale impasto di gesso e colla; in questo modo, è stato inoltre possibile riproporre una superficie che presentasse la stessa consistenza materica del cartone, impiegando materiali di elevata purezza e quindi idonei alla conservazione. La superficie così ottenuta è stata quindi impermeabilizzata con una sottile stesura di metilcellulosa estremamente diluita, in modo da renderla meno assorbente e facilitare la successiva operazione di reintegrazione pittorica che, eseguita all’acquarello con la tecnica del tratteggio, ha completato l’intervento di restauro.

Città: Roma
Luogo: Fondazione Carlo levi
Indirizzo: via Ancona, 21
Provincia: Roma
Regione: Lazio


Tratto da: http://www.beniculturali.it

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