lunedì 12 aprile 2010

Restauro in collaborazione con lo studio di restauro Giorgio Gioia : Luca Cambiaso " Il Ratto delle Sabine "





IL RESTAURO DEL SALONE CON VOLTA AFFRESCATA DA LUCA CAMBIASO




Il restauro degli affreschi del piano nobile era iniziato gia nell’anno 1999 con il consolidamento delle strutture della cosiddetta sala "Genova" e con il restauro delle volte delle sale del "Sole", e di "Aurora".
Il complesso intervento di descialbo, effettuato in gran parte a bisturi e con impacchi solventi, ha permesso il recuperare delle decorazioni parietali della sala(di Amore e Psiche), della loggia posteriore,della cappella e del suo disimpegno. L’asportazione delle ridipinture ha sentito il recupero dell’inedito quadro affrescato con "Amore che scopre Psiche",attribuito all’Ansaldo. Contemporaneamente si e proceduto alle operazioni di pulitura del colore ed al restauro conservativo dei dipinti murali sulle volte della sa1a (del Concilio degli Dei) e della Loggia Posteriore.
Senza entrare nel dettaglio di ogni singola fase del recupero, si evidenzia l’importanza del ripristino di una parte dell ’ambientazione decorativa delle sale del piano nobile, e del restauro di un raro pavimento in piastrelle bianche e blu maiolicate di epoca quattro-cinquecentesca.
Purtroppo l’entità dei finanziamenti non ha consentito di estendere l’intervento alle pareti di tutte le sale quali: sala "Genova", sala "Apollo in Parnaso", salone "Ratto delle Sabine", salone "Concilio degli dei" ,sala "Aurora", sala "Sole"; che sono attualmente ancora ricoperte da intonaco e scialbo e che si spera possano essere recuperate in futuro. Per opportuna conoscenza ed a testimonianza della presenza di decorazioni pittoriche sottostanti lo strato di colore ed intonaco, sono state lasciate apposite "finestre" nell’ intonaco, discialbandone alcune porzioni nel corso dei lavori.
Durante l’esecuzione del restauro dei dipinti murali, sono state effettuate numerose verifiche analitiche, che hanno ,fornito informazioni necessarie per l’impostazione del restauro e per le valutazioni delle scelte da seguire nell’eliminazione di ridipinture e nella conservazione degli elementi originali, ma anche dati importanti sulle tecniche esecutive adottate dal Cambiaso e dal Calvi.
Sono state identificate ampie superfici dipinte con malachite naturale e blu di smalto a tempera, fondi preparati " a secco" dei fratelli Calvi,numerose rifiniture con biacca a tempera nel soffitto del Cambiaso e addirittura una sala interamente realizzata con colori stemperati con tempera e biacca interamente alterata, un particolare e raro fenomeno di decolorazione del blu di smalto.
Nell’ambito del recupero del piano nobile e stato restaurato anche un grande dipinto a tempera su tela del secolo XIX collocato sulla volta dell’atrio; non essendo stato possibile effettuare il restauro in loco, poichè tutto l’edificio era interessato da lavori di restauro e non esisteva alcun locale che potesse garantire le condizioni di pulizia necessarie per effettuare correttamente il lavoro, la tela è stata trasportata in laboratorio, restaurata e quindi riportata in cantiere, collocata su un pannello alveolare e quindi riposizionata sull’estradosso della volta.


Le tecniche esecutive dell’affresco del Cambiaso.

I dipinti della volta erano stati eseguiti su un intonaco di circa 0,5 centimetri di spessore costituito da calce e sabbia di granulometria piuttosto fine, questo strato era applicato sull’ arriccio, avente circa 4 centimetri di spessore e direttamente aggrappato alle stuoie di canniccio.
L’accurata esecuzione dell’opera e confermata dalla presenza di una sinopia piuttosto dettagliata realizzata sullo strato di arriccio e da un disegno preparatorio, anch’esso piuttosto curato, realizzato sull’intonaco finale, entrambi ottenuti con un pigmento rosso molto stemperato. Il riporto del disegno è avvenuto con l’aiuto di una quadrettatura realizzata con lo stesso colore utilizzato per la sinopia e disegno preparatorio; non è da escludere che la quadrettatura sia servita per costruire le linee che definiscono gli scorci prospettici. L’analisi con luce radente ha permesso di individuare incisioni eseguite direttamente sull’intonaco fresco con punte di chiodi, utilizzate per tracciare gli archi e la battitura dei fili sulla volta inferiore (lato sud).
La tecnica pittorica e piuttosto complessa: sembrerebbe un mezzo fresco perchè le stesure del colore risultano abbastanza corpose, ed il pigmento sembrerebbe arricchito con latte di calce. Alcune campiture, come le basi nere per le finiture a tempera, potrebbero essere a fresco; mentre le campiture a secco corrispondono ai verdi malachite e ai blu di smalto.
Poichè lo smaltino impiegato dal Cambiaso è stato realizzato con diverse qualità di questo pigmento, a seconda dell’ effetto cromatico voluto, i blu più intensi, come quelli utilizzati nei fondi delle Sibille della volta perimetrale o sulle vesti di alcuni personaggi, risultano applicati a tempera mentre quelli del cielo risultano realizzati a fresco. La precisione dei particolari e evidente nella stesura dei verde malachite, dei quali sono presenti almeno due toni differenti, per creare effetti di ombreggiature. Anche le basi scure a fresco, sulle quali i verdi sono stesi, paiono di tonalità diverse a seconda dell’effetto di chiaroscuro che si voleva ottenere. L’osservazione con luci radenti delle superfici ha permesso di cogliere anche il diverso grado di macinazione di alcuni pigmenti. Ad esempio nei cieli l’effetto delle nuvole e ottenuto con campiture di "bianco di S. Giovanni" molto granuloso; oltre a questo pigmento bianco si e rilevata la presenza di "bianco di piombo” o "biacca", utilizzata dal pittore, per lo più mescolata con altri pigmenti, nella realizzazione degli incarnati, e pure, per le lumeggiature finali.
Non è stato facile stabilire l’ordine delle giornate di lavoro della volta perimetrale, perchè il pittore e la sua scuola hanno proceduto alla stesura delle giornate in maniera funzionale alla concezione schematica della decorazione.
La studio delle giornate, ottenuto dall’osservazione delle sovrapposizioni, ha permesso di determinare che in questo settore sono state realizzate per prime le giornate riguardanti i gruppi delle erme, sia quelle angolari che quelle disposte lungo le pareti. Successivamente sono state realizzate le quadrature delle cornici pittoriche, e per ultimi i soggetti storici, le Sibille e i monocromi centrali. Non è possibile comprendere con maggiore precisione l’ordine nel
quale sono stati realizzati i dipinti all’interno delle quadrature.
I giunti di giornata sono ben sfumati, ma comunque evidenti, senza l’ausilio di luci radenti, a distanza ravvicinata.
Sulla parete verticale, appena sotto la volta, e raffigurata una balconata con colonnine e putti appoggiati a basamenti in marmo bianco, che sorreggono le balaustre. La tecnica pittorica e la stessa utilizzata dal Cambiaso per il "Ratto delle sabine", con maggior quantità di stesure a secco.
La balaustra e i puttini sono stati realizzati con tecniche a mezzo fresco le campiture di base sono ottenute con stesure di pigmento in latte di calce su intonaco in fase di carbonatazione. Le finiture delle colonnine risultano piuttosto corpose, perchè eseguite con latte di calce, mentre nei puttini, i volumi sono resi pittoricamente con poche ombre e lumeggiature a calce, gli effetti plastici e di profondità sono ottenuti con poche tonalità di grigio, l’effetto di
profondità e realizzato con pennellate quasi "grafiche" di grigio scuro.
I fondi blu del cielo sono realizzati, come di prassi, con una base ad affresco di colore scuro e successiva stesura di smaltino. Le analisi chimiche hanno rivelato la presenza di un legante proteico (forse colla animale).


Stato di conservazione.

I dipinti del Cambiaso, grazie alla grande qualità tecnica con la quale sono stati eseguiti, non manifestavano gravi degradi, almeno per quel che riguarda i materiali costitutivi, fatta eccezione per il deperimento dei leganti organici delle tempere. Sono state riscontrate due diverse tipologie di degrado, la prima legata alle condizioni della volta prima del crollo, la seconda alla situazione successiva.
Prima del crollo, la volta presentava grossi problemi di dissesti e cedimenti, con lesioni che hanno contribuito al crollo stesso, mentre il dipinto presentava degradi provocati da fattori termoigrometrici, da interventi di manutenzione realizzati in tempi passati, non sempre con tecniche corrette, e, solo marginalmente, degradi legati a problemi insiti nella tecnica esecutiva del dipinto. Dopo il crollo si sono verificate infiltrazioni di acqua e la permanenza, durata l0 anni, dei puntelli e dei pannelli di policarbonato, ha provocato qualche danno.
Subito dopo il crollo era stato effettuato un pronto intervento, consistente appunto nella posa in opera di pannelli di policarbonato e puntelli a sostegno della volta, necessari ad evitare ulteriori distacchi.
Tale intervento era stato indispensabile, e sicuramente e risultato efficace nella protezione della struttura da ulteriori cedimenti, tuttavia la ponteggiatura provvisoria, avrebbe dovuto essere smantellata in tempi brevi, non ne era prevista una prolungata permanenza, come invece si e verificato a causa della difficoltà di reperimento dei fondi necessari al consolidamento ed al restauro. La presenza del policarbonato ha determinato delle variazioni nel microclima
(umidità, scarsa traspirabilità) causando la formazione superficiale di patine, efflorescenze saline e di muffe.
Durante il periodo di chiusura, inoltre, la villa ha subito anche infiltrazioni di acqua piovana, che hanno provocato dilavamenti particolarmente consistenti in corrispondenza della balaustra dipinta sotto la volta principale. Le colature, ben visibili su volta e pareti, oltre al dilavamento dei colori, hanno causato il trasporto di detriti e depositi polverosi sulla superficie.
Dalle crepe di maggiori dimensioni , si notavano delle colature di colore giallastro, probabilmente tannino proveniente dall’incannicciato e dalle travi lignee colate sul dipinto sottostante.
Inoltre nelle zone più colpite dalle infiltrazioni, in particolare in presenza dei pannelli di policarbonato, si notava la formazione di una patina di solfati.
In generale la volta era interessata da macchie e aloni bianchi, (di dimensioni varie), e marroni (della grandezza di piccole gocce). Dalle analisi chimiche si è rilevata la presenza di solfati e ossalati nelle macchie di colore chiaro, mentre quelle scure sono risultate essere escrementi di mosca. Molte formazioni erano dovute alla presenza di attacchi microbiologici di funghi microscopici.
La presenza di materiale organico alterato, potrebbe essere dovuta a sostanze di tale natura gia utilizzate dal pittore originariamente, oppure potrebbe essere dovuta a fissativi, consolidanti o ravvivanti che potrebbero essere stati usati in un intervento di restauro, di vecchia data.
Sono stati individuati anche vecchi rifacimenti, di cattiva qualità, consistenti in rasature in gesso ritoccate a tempera localizzate per lo più sulla porzione sud della volta.
Dopo la realizzazione del dipinto erano stati introdotti alcuni nuovi elementi, come l’aquilotto in stucco, forse riconducibile al passaggio di proprietà del bene alla famiglia Imperiale (infatti nello stemma araldico della famiglia è presente un’aquila).
Inoltre si é notato che la corona di Numa Pompilio, nel dipinto centrale del voltino perimetrale del lato ovest, é stata cancellata con pennellate di calce, forse durante il periodo rivoluzionario o Napoleonico; mentre i pallini di piombo, sparati in più punti della volta, sembrano risalenti all’epoca dell’occupazione austriaca nel 1747.
Il colore blu del fondo applicato "a secco", nel fregio raffigurante la balaustra con putti, presentava degli "ingiallimenti"; le analisi chimiche hanno accertato la presenza di blu di smalto applicato a tempera su una base a fresco o a calce di grigio scuro, quasi nero. Questo colore presentava problemi di coesione ovunque e, sul lato sud, anche una radicale alterazione del colore e una patina grigio-giallo, causata probabilmente dall’alterazione di qualche sostanza organica. Inizialmente si era ipotizzato che le alterazioni fossero state causate da un eventuale protettivo steso per fissare il colore, ma potrebbe anche essere dovuta ad una alterazione del legante originale.
Il lato sud risultava comunque quello nelle condizioni peggiori, ove si erano verificati il cedimento strutturale e le più gravi infiltrazioni di acqua dal tetto,e dove inoltre la superficie pittorica era generalmente anche coperta da una patina di polveri sedimentate.

Restauri strutturali e ricollocazione frammenti.

La struttura della volta (convenzionalmente denominata "capanno") è costituita da un’orditura di travi di pino su cui sono sospese delle costolonature lignee cui aderisce, tramite chiodature, il canniccio intonacato. La struttura è costituita da un doppio padiglione, con travi che corrono all’interno di un cornicione in stucco. L’opera é stata realizzata riutilizzando parte del precedente soffitto ligneo a travature a vista quattrocentesco. Questa struttura di sostegno era contemporaneamente piano di appoggio della copertura in ardesia delle quattro falde del tetto e sostegno della volta con intonaco affrescato.
Tra le modifiche architettoniche e strutturali che ha subito l’edificio,e che hanno influito sullo stato conservativo della volta, figurano sopraelevazioni e modifiche alla geometria delle coperture, tra cui lo spostamento del colmo del tetto avvenuto a più riprese tra ‘60O e ‘800 e ancora nel ‘900.
Questi lavori, contestualmente all’aumento dei carichi gravanti sull’edificio, a sostanziali modifiche alle murature portanti nel piano terra, e al cedimento del terreno argilloso su cui fonda, hanno modificato gli equilibri statici dello stesso edificio, e comportato un abbassamento della muratura della facciata, con il conseguente dissesto delle retrostanti e soprastanti strutture, compreso il distacco del canniccio dalle centine e delle cornici interne alla volta dipinta dal Cambiaso,che hanno subito una rotazione, con conseguente frattura e crollo dell’intonaco.
Verificando da vicino il manufatto si è constatato che la vicinanza con l’ambiente esterno ha influito negativamente sulla conservazione degli elementi metallici e lignei della struttura. Si osservavano infatti vistosi attacchi di insetti xilofagi, mentre le chiodature di ancoraggio erano in parte ossidate e non più efficienti. Nonostante la presenza di
infiltrazioni di acqua piovana, che avevano segnato in più punti la superficie affrescata,l’intonaco era ancora sano e robusto, questo pero non ne ha potuto impedire il distacco dalla armatura della volta.





Subito dopo il crollo del 24 settembre 1994, e stata realizzata una ponteggiatura provvisoria per sostenere con puntelli e pannelli in policarbonato trasparente l’affresco. Contemporaneamente venne effettuato il recupero dei frammenti al suolo (la lacuna era di circa 12 metri quadrati), la loro catalogazione per settori di provenienza, in base uno schema di ascisse e ordinate, per la collocazione in cassette numerate.
Nel 2003 e iniziato il restauro della volta affrescata da Luca Cambiaso.
Il Comune ha provveduto allo smontaggio del manto di copertura, alla creazione di una copertura provvisoria soprastante il corpo centrale dell’edificio, ed alla modifica della struttura lignea portante della copertura.
Il recupero della volta del salone principale è stato eseguito con tre diverse operazioni:
a) il consolidamento strutturale degli elementi lignei costituenti il "capanno", delle centine e dei pendini; il restauro del canniccio;
b) l'assemblaggio a terra dei frammenti, la loro ricollocazione e la ricomposizione della volta;
c) il restauro della superficie affrescata.
L’estradosso della volta e stato pulito asportando gli elementi estranei, e quelli ormai deteriorati e inutilizzabili (grossi frammenti di lastre di ardesia, di legno, polveri, residui di canniccio, di malte decoese, ecc.).
Gli elementi lignei sono stati liberati dai chiodi e spolverati, il canniccio e stato pulito con spazzole, pennellesse e aspiratori.
Gli elementi lignei (centine, capriate) sono stati inoltre trattati con biocidi antitarlo e consolidati con prodotti a base di resine sintetiche in solventi organici.
Il consolidamento della volta e stato realizzato con resine epossidiche di varie formulazioni. Tali resine sono state applicate in tre fasi a distanza di tempo, interponendo delle fasce in fibra di vetro.
L’intonaco era stato precedentemente trattato per consolidarlo e chiudere tutte le microfratture per evitare possibili colatura di materiale, adoperando maltine di granulometria appropriata.
Tale fase e stata complicata dalla presenza, nell’estradosso della volta, del canniccio e delle centine aderenti allo strato di intonaco, e nell’intradosso, dai pannelli in policarbonato.
La qualità e le caratteristiche delle resine adoperate verranno descritte successivamente in apposita scheda tecnica.
Una volta eseguite le operazioni preliminari di pulitura e preparazione dell’intonaco, si è proceduto formando un reticolo di fasce posizionate sia perpendicolarmente alle centine che nella stessa direzione delle centine, in modo da intrecciarle a mo di canestro. Si è ritenuto opportuno realizzare tale reticolo, piuttosto che una calotta continua, per consentire la traspirazione dell’intonaco. Il reticolo è stato eseguito con una maglia più fitta in prossimità della lacuna, e, ove il canniccio risultava eccessivamente deteriorato e non dava alcuna garanzia di resistenza, o mancava, la
fasciatura e stata applicata con continuità.
Successivamente è stato applicato il terzo tipo di resina (Kimetec EP—IN) miscelato con catalizzatore nella proporzione di 2:1. In tal modo e stata ricostituita l’adesione tra le centine, il canniccio e l’intonaco.
Per ricostituire il sistema di aggancio delle centine alle capriate, sono stati inseriti profilati in acciaio inox, opportunamente dimensionati, con sezione ad L, disposti a due quote diverse sulle quattro falde del capanno. A tali profili sono stati avvitati dei tiranti in acciaio, non in tensione, per sostenere le centine, affiancando o sostituendo, gli originali "pendini" lignei.
Dopo aver consolidato la volta e ripristinato i collegamenti tra capanno, centine e strato di intonaco decorato costituente la volta, si è potuto smontare il sistema di puntellamento provvisorio, rimasto in sito per dieci anni.
Sono state riempite le microfessure con malte adeguate per composizione (materiali compatibili con quelli originali e traspiranti), e con granulometria diversa in relazione alle dimensioni dei distacchi nei quali doveva essere veicolata.
Ove in seguito al distacco, si era formata una tasca, questa è stata riempita e fatta riaderire con infiltrazioni di malta a base di calce idraulica e pozzolana, nella proporzione di 1:2, iniettando dapprima malta molto fluida, per preparare la superficie, bagnandola, e aumentando gradatamente la densità.
Nei distacchi di piccole dimensioni, sono state usate maltine premiscelate a basso peso specifico, che garantiscono il maggior grado di penetrazione, per la loro fluidità e per le dimensioni degli inerti.
Lungo i bordi della lacuna, il consolidamento e stato realizzato con impacchi di carbonato di calcio.
La zona a sud-est, in corrispondenza della rotazione e dell’abbassamento dell’imposta del padiglione, e risultata quella più degradata.
Il canniccio è stato restaurato mediante 1’applicazione, sulla superficie, di resina sintetica consolidante bicomponente in dispersione acquosa, con un consumo minimo di O.5kg/mq. Questa e stata applicata sulla superficie perfettamente pulita del canniccio solo nei punti destinati all’applicazione delle "bande".
Successivamente si è provveduto alla stesura a spatola di adesivo epossidico tixotropico a due componenti esente da solventi, con un consumo minimo di 4 kg/mq.
Il prodotto ha la funzione di livellare la superficie da rinforzare e di creare uno strato adesivo per la successiva applicazione del rinforzo. Successivamente è stato applicato a fresco un tessuto di armatura unidirezionale in fibra di vetro da 300 gr/mq,
Il tessuto è stato steso nella posizione stabilita ed incorporato nella massa resinosa facendo attenzione con l’ausilio di una spatola ad evitare bolle d’aria. Il tessuto in fibra di vetro e stato impregnato con resina epossidica bicomponente fluida priva di solventi ed a bassa viscosità.
Il prodotto è stato applicato a pennello in più mani, con intervalli di tempo che consentissero l’assorbimento completo, con un consumo di circa 0,8 kg/mq.
Le fasce di fibra di vetro sono state disposte tenendo conto delle fessurazioni ed hanno consentito la messa in sicurezza della volta a doppio padiglione.
I materiali compositi fibrosi usati per il rinforzo, il ripristino, il restauro del canniccio hanno elevate capacita meccaniche, che associate alla leggerezza ed alla durabilità, garantiscono la resistenza alle aggressioni da agenti chimici e all'acqua.
La disinfestazione del legno è stata effettuata con applicazioni a pennello di prodotto antitarlo ad alta penetrazione, ampio spettro, e a bassa tossicità per l’uomo. Per consolidare il legno e stato usato un copolimero di metacrilati di etil-metacrilati, in soluzione 1:1 in solvente butilacetato.
I frammenti recuperati subito dopo il crollo, erano stati conservati in cassette con l’indicazione della posizione assunta dopo la caduta. Per facilitarne l’assemblaggio, è stata collocata sul pavimento del salone una gigantografia, a grandezza naturale,della porzione crollata del dipinto, sulla quale sono state prima ricomposte le parti figurative e posizionati i frammenti più grandi e significativi, quindi le partiture architettoniche, e,dopo aver classificato i frammenti più piccoli in base ai colori, le campiture di fondo.
Su quante ricostruito, è stata sovrapposta una griglia quadrettata di riferimento, che ha consentito l’individuazione dei frammenti, numerati singolarmente.
Quindi in aderenza della volta, sono stati collocati dei supporti costituiti da strisce di doppi fogli di plexiglass, ancorati alle centine con tiranti di lunghezza regolabile, che consentissero l’adesione alle centine dei frammenti da sovrapporre al plexiglass stesso simulando la curvatura irregolare della volta ormai deformata irreversibilmente.
L’uso del doppio foglio di plexiglass è stato suggerito dalla necessità di dare alla centroforma una precisa curvatura, ottenibile soltanto con un foglio molto flessibile e quindi di spessore sottile, e contemporaneamente dall’esigenza di poter disporre di un sostegno sufficientemente resistente ed atto a sostenere il carico dei frammenti, che sono stati integralmente recuperati in tutto il loro spessore.
I fogli sono stati sostenuti con puntelli realizzati con tubi innocenti ed appoggiati al tavolato costituente il piano di lavoro.
Poiché la riproduzione fotografica adoperata nella fase preliminare, non restituiva con precisione la deformazione prospettica della volta, da una diacolor 9x12 (scattata da Frederik Clark e gentilmente messa a disposizione dall’Istituto di Storia dell’Arte della Facoltà di Lettere dell’Università di Genova, ed in particolare dal prof. Lauro Magnani), rappresentante la decorazione della volta prima del crollo, l’immagine è stata digitalizzata ed elaborata con software per fotogrammetria digitale, semplificata per la parte di volta assimilabile ad un piano.
Sono stati individuati, nella parte di volta rimasta integra, quattro punti certi e riconoscibili, da utilizzare come punti di appoggio per il fotoraddrizzamento. I punti sono stati misurati (con distanziometro laser Leica) con misure di andata e ritorno per ridurre al minimo l'errore. Attraverso questo sistema è stato possibile dare un valore metrico all’immagine.
Successivamente, all’immagine digitale è stata sovrapposta una quadrettatura numerata, di dimensioni (20x20) cmq, in modo da garantire la corrispondenza tra piano e volta e ridurre al minimo la probabilità di posizionamento errato dei frammenti.





La stampa in dimensione reale, su carta fotografica plastificata con materiale resistente al calpestio, è stata posizionata sul piano di lavoro ed è stata utilizzata come riferimento, per individuare, con l’ausilio del filo a piombo, i punti direttamente sulla volta. Sfruttando la quadrettatura, l’immagine digitalizzata è stata lucidata su un foglie trasparente di acetato, inserendo i tratti essenziali del dipinto, posizionate al di sopra del plexiglas in modo da poter aver un’ulteriore conferma del corretto posizionamento dei frammenti,che sono stati quindi collocati sulla controforma.
I frammenti sono stati reciprocamente vincolati con barrette di legno e punti di saldatura con collante acrilico a fusione. Tra i frammenti è stata applicata una prima stuccatura poco coerente, avente il duplice scopo, di consentire, previa parziale rimozione, la realizzazione, dal lato dipinto, della stuccatura per il restauro pittorico,e dall'estradosso, di fungere da isolamento prima dell’applicazione delle bande di tessuto bidirezionale.
La calotta unica di supporto è stata realizzata analogamente al testo della struttura gia trattata, disponendo però le bande con continuità, per simulare la funzione del canniccio.
Non sono stati inseriti strati configurabili come "strato di intervento", la separazione tra i nuovi materiali e la superficie dipinta è quindi affidata unicamente allo spessore dell’intonaco originale, di spessore variabile da l a 7 centimetri.
Dopo avere rimosso i pannelli di plexiglas, si è proceduto alle successive operazioni di restauro dei frammenti: pulitura del colore, consolidamento dell’intonaco e fissaggio della pellicola pittorica,stuccatura della superficie ed infine il restauro pittorico, di seguito descritte.


La pulitura della superficie pittorica del Cambiaso.

Avendo verificato la presenza, nella malta dello strato più superficiale, di solfato di calcio, si e ritenuto opportuno limitare l’uso di solventi acquosi. Nel dipinto raffigurante "Il Ratto delle Sabine", nella finta balaustra e nelle decorazioni delle volte collaterali, è stato, in linea di massima, sufficiente per asportare le polveri più coerenti,una pulitura a secco con gomme morbide Wishab.
Impacchi estrattivi di acqua demineralizzata, per desalinizzare la superficie, sono stati effettuati solo localmente: sulle patine saline più consistenti, si è reso necessario l’uso di resine a scambio ionico di tipo anionico. `
L ’intervento ha comportato l’interposizione di due veline di carta giapponese, inumidite con acqua demineralizzata e la successiva applicazione di resine desolfatanti, sempre in acqua demineralizzata.
La superficie a contatto con l’impacco, è stata mantenuta umida, mentre le resine applicate sono state rimescolate con un pennellino per facilitarne l’azione.
L’impacco è stato rimosso dopo la completa asciugatura, i residui sono stati eliminati prima con pennellesse morbide e poi con gomme Wishab.
L’intervento sul dipinto nella parete verticale del lato sud, è stato realizzato con una metodologia più complessa rispetto agli altri tre lati, che risultavano meglio conservati.
Per non compromettere il pigmento originale dei fondi blu delle balaustre, poco consistente, i depositi di polveri incoerenti sono stati eliminati delicatamente con pennellesse morbide; mentre, per asportate la patina scura, composta da polveri coerenti, sono stati applicati impacchi di acqua demineralizzata, interponendo uno strato di carta giapponese fine, con tempi di contatto non superiori ai 5 minuti.




Esercitando una leggera pressione sull’impacco con una pennellessa di setola morbida, in modo da fare aderite alla carta il deposito grasso, l’acqua, lasciata con tempi di contatto molto limitati, ha assolto alla doppia funzione di solvente (sciogliendo le polveri e i sali presenti sulla superficie), e contemporaneamente ha restituito una momentanea coesione al pigmento decoeso.
Per eliminare gli attacchi biologici, è stata asportata a secco, per mezzo di pennelli morbidi e panetti di gomma, la materia visibile causata dall’attacco stesso, poi sono stati applicati impacchi con soluzioni funghicida a base di sali d’ammonio quaternari, eliminando i residui con un’accurata pulitura a spugna e acqua demineralizzata.


Consolidamento e fissaggio della superficie pittorica del Cambiaso.

Solo le campiture con finiture a secco o, più specificatamente quelle a tempera utilizzate dal Cambiaso per stendere malachite e smaltino, presentavano problemi di coesione. In tal caso il consolidamento ha riguardato esclusivamente i casi più preoccupanti, ristabilendo la coesione con l’applicazione di resine acriliche. L’operazione è consistita nell’interposizione di un foglio di carta giapponese e, dopo un passaggio di acqua e alcool per veicolare il consolidante, nell’applicazione a pennello di resina acrilica in soluzione acquosa al 2,5%. Quindi è stata esercitata una leggera pressione a tampone per favorire l’adesione del colore al supporto; gli eccessi di prodotto sono stati poi assorbiti con un batuffolo di cotone imbevuto di alcool.
Nel fregio con balaustrini, si è ritenuto opportuno consolidare il colore con una dispersione acquosa al 3% di resina acrilica. L’operazione è stata compiuta procedendo per piccole zone, limitate in genere allo spazio tra una colonnina e l’altra della balaustra, con il seguente ordine:
- applicazione di un foglio di carta giapponese;
- passaggio veicolante con acqua ed alcool nelle stesse proporzioni;
- stesura a pennello della resina in soluzione, esercitando una leggera pressione con il pennello;
- tamponatura con batuffolo di cotone e alcool per eliminare l’eccesso di resina.
La restante parte delle campiture blu della balaustra non presentava problemi tali da giustificare un intervento di consolidamento, che comunque avrebbe richiesto l’uso di sostanze estranee, la cui applicazione e consigliabile solo ove necessario.


Stuccature della superficie pittorica del Cambiaso.

Il risarcimento delle lacune dell’intonaco è stato eseguito realizzando una serie di stuccature di limitato spessore e sovrapponendo più strati sottili, con maltina simile, per granulometria e colore a quella della superficie originale.
Trattandosi di una volta su canniccio, le lacune dell’intonaco affrescato non erano particolarmente profonde, per cui sono stati impiegati al massimo tre strati. Negli strati in "profondità" si è adottata una malta a base di grassello di calce, sabbia silicea lavata e asciugata a granulometria media, polvere di marmo a granulometria medio-fine nelle proporzioni di 1:2:1, e nelle proporzioni legante/inerte 1:3.
Per lo strato intermedio la granulometria degli inerti utilizzati è stata lievemente inferiore, e la proporzione fra grassello di calce, sabbia silicea fine e polvere di marmo bianca fine, 1: 1: 1,5. .
Lo strato finale è composto da grassello di calce, polvere di marmo fine setacciata, e polvere di marmo finissima (tipo talco) nelle proporzioni di 1: 1,5 : 1, con proporzione legante/inerte di 1:2,5.
In prossimità di zone ammalorate da vecchi fenomeni d’infiltrazione d’acqua, si é ritenuto opportuno utilizzare calce spesso idraulica in sostituzione della calce aerea, e in alcuni casi una malta mista di grassello e calce idraulica.


Reintegrazione cromatica della superficie pittorica del Cambiaso.

Nelle modeste superfici di intonaco ricostituito per colmare con stuccature a livello, le lacune fra un frammento e l’altro (non essendo stato ovviamente possibile il recupero di tutto il materiale crollato, poiché una parte si era completamente polverizzata nel crollo), si è reintegrato il dipinto utilizzando la documentazione fotografica, piuttosto che lasciarlo in tono neutro. Tale intervento di reintegrazione cromatica è consistito nella ricostruzione a tratteggio, dell’iconografia del dipinto, ove possibile, e in un riequilibrio degli scompensi cromatici delle abrasioni del colore originale, con velature sottotono ad acquerello. Si è potuto correttamente seguire tale procedura, in quanto la ricostruzione è stata effettuata su porzioni di intonaco non originali, e le parti di dipinto ricostruite riproponevano un’iconografia certa e ben conosciuta. Inoltre tale operazione ha consentito di riproporre la visione completa del dipinto.
A lavori ultimati, poiché le lumeggiature sugli incarnati e sulle zampe dei cavalli risultavano macchiati, a causa di un’ alterazione della biacca, usata come pigmento, i restauratori della Soprintendenza (Paola Parodi, Orietta Doria e Stefano Vassallo) hanno effettuato la riconversione della biacca alterata dell’affresco del Cambiaso, secondo una metodologia messa a punto dall’Opificio delle Pietre Dure gia negli anni settanta.



Gli ornati in stucco del Salone con il Ratto delle Sabine.

La doppia volta a padiglione presenta tre cornici di stucchi decorativi che sottolineano l’imposta del primo padiglione e la parete verticale, con l’imposta della volta principale.
All’imposta del primo padiglione della volta è presente una grande fascia decorata, che è senza dubbio la più importante ed elaborata, e presenta un apparato decorativo a medio rilievo piuttosto vario, in cui si alternano mascheroni e figure allegoriche a girali fitomorfi e mensole. Nelle zone centrali, di ogni lato della sala, sono presenti scudi dipinti con stemmi araldici. Le prove effettuate mediante piccoli tasselli, hanno rilevato la presenza di almeno due sovrapposizioni pittoriche, interventi ricorrenti usualmente in occasione del cambio di proprietà degli edifici appartenenti
a famiglie nobili. Si notano anche alcuni interventi realizzati posteriormente all’esecuzione dell’opera del Cambiaso, come un aquilotto in stucco, aggiunto al modellato cinquecentesco.
La seconda cornice alla base della parete verticale in canniccio, presenta decori più semplici. L’ultimo profilo, di dimensioni ridotte, raccorda la finta balaustra con la volta. Gli stucchi sono arricchiti da dorature, le analisi hanno confermato l’uso di oro vero e di una sorta di bolo, usato come adesivo, composto da un legante proteico in parte trasformato in ossalato di calcio, da calce magnesiaca carbonatata, da pigmento ocra probabilmente a base di ossidi di ferro, e tracce di gesso. Le indagini chimiche hanno rilevato la presenza di carbonato di calcio e carbonato di magnesio nello strato più profondo di intonaco, mentre l’intonaco di finitura è risultato composto da una miscela di calce e sabbia con una proporzione piuttosto alta di legante, l parte di legante (calce) e 2 di inerti.
La pulitura degli stucchi è iniziata con la rimozione di depositi incoerenti di polvere e nerofumo, con pennelli morbidi e con aspiratori; i depositi coerenti sono stati parzialmente eliminati con l’uso di gomma wishab. Ove i sedimenti presentavano maggiore tenacia, sono stati eliminati con impacchi di carbonato d’ammonio in soluzione al 50% in acqua demineralizzata, utilizzando come supportante la carta giapponese, e lasciando l’impacco a contatto per un tempo compreso tra i 15 e i 20 minuti.
La pulitura è stata completata con tamponi di acqua demineralizzata. Dopo la pulitura è stato effettuato il consolidamento: la parete a sud presentava una situazione di degrado piuttosto complessa, in più punti le vecchie stuccature, realizzate per evitare la caduta di porzioni di stucco, sono state rimosse procedendo preliminarmente al fissaggio degli elementi distaccati.
Per i riempimenti delle sacche di maggiori dimensioni si è impiegata una malta costituita da calce idraulica e pozzolana superventilata in proporzione 1: 2, la stessa malta è stata utilizzata anche per ricollocare i frammenti di decorazione staccati.
I frammenti di maggiori dimensioni sono stati ancorati al supporto con perni in vetroresina annegati in malta pozzolanica. Nei distacchi di minori dimensioni è stata utilizzata una malta idraulica premiscelata (Ledan TB l) più idonea per la maggiore fluidità rispetto alla malta precedente. Nelle microfessurazioni, a scopo consolidante, e stata iniettata solo della calce idraulica molto liquida. In ogni caso il consolidamento è avvenuto in seguito ad una pulitura a secco delle parti da trattare, con pennellesse, pipette e aspiratori. Per facilitare la penetrazione della miscela consolidante, la superficie è stata precedentemente trattata con infiltrazioni di acqua ed alcool.
Sono stati asportati tutti i rifacimenti e le stuccature inidonee per materiali e fattura, mentre si sono mantenuti alcuni vecchi rifacimenti ritenuti corretti per esecuzione e materiale usato. La stuccatura delle lacune e la ricostruzione di alcune parti di modellato mancante sono state eseguite con i seguenti impasti:
Strati di profondità : grassello di calce e sabbia silicea a granulometria grossa (legante-inerte 1:3).
Strati intermedi: grassello di calce, sabbia silicea a granulometria media e polvere di marmo (1:2:1).
Strati di finitura: grassello di calce, polvere di marmo fine setacciata, polvere di marmo tipo talco (1:2:0,5)
Le piccole e medie lacune sono state stuccate a livello, lavorando la malta ad imitazione delle finiture originali.
Si è provveduto al rifacimento di tutti i piccoli particolari ripetuti e imitabili, mentre nel caso di lacune non interpretabili si è preferito stuccare sotto livello, evitando finiture troppo accurate.
Nello specifico nel caso di una coppia di sirene, identiche, una delle quali con gravi lacune in corrispondenza del viso,si è reintegrato, ad imitazione del volto residuo, il modellato perso.
Nel caso di una coppia di visi, entrambi molto lacunosi, si è ricostruito sottolivello solo il volume delle teste, in modo da suggerire la presenza del modellato. Gli stucchi del lato sud della sala erano quasi del tutto privi di doratura, mentre quelli relativi ai lati nord ed est, presentavano un migliore stato di conservazione. Oltre alla consueta patina di sporco, erano presenti lacune, rifacimenti con colore e porporina, e sollevamenti del bolo.
La pulitura dell’oro è stata realizzata con applicazioni di alcool autosupportato in Klucel, lasciato a contatto per pochi minuti ed eliminato subito a tampone. E quindi seguito il consolidamento delle parti incoerenti con resine acriliche in emulsione acquosa al 4%, applicate a pennello con interposizione di carta giapponese. Per migliorare il fissaggio ed eliminare l’eccesso di materiale, si è tamponato la superficie con alcool e cotone. La reintegrazione delle lacune è stata eseguita ad acquerello con velatura a tono e con lumeggiature con oro acrilico Liquitex.
















Note

La prima delle tre resine, Kimicover Fix, e un fissativo che svolge la funzione di migliorare l’adesione della seconda resina alla superficie da "aggrappare". La resina e il suo catalizzatore vanno mescolati rigorosamente nella proporzione di 3,7 a 1,3 e immediatamente stesi molto
velocemente per evitare la formazione, sulla superficie da trattare, di uno strato troppo spesso di fissativo. Sull’aggrappante perfettamente asciutto va applicato il secondo tipo di resina, composta da Kimitech EP. TX (resina) e Kimitech EP. TX (indurente), nelle proporzioni l a 1.
L’impasto che si ricava da questa miscela e piuttosto consistente, e deve essere steso nei punti d’incollaggio con piccole cazzuole e/o con spatole grandi. Immediatamente dopo deve essere applicata la fascia, esercitando una leggera pressione per assicurare l’adesione dei due materiali tra loro e con il supporto. La quantità media di resina da stendere prima dell’applicazione della fascia e compresa tra 3 e 4 kg per volta, quantità che copre circa un metro di lunghezza.

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